Corriere della Sera, 12 dicembre 2015
Così Banca Etruria ha ingannato i risparmiatori
Quando nell’aria già si sente lo scricchiolio sinistro del crac, partono le prime lettere a molti clienti della Banca Popolare Etruria. Le firma il direttore generale Daniele Cabiati a dicembre 2014. Altre lettere, analoghe, vengono spedite nei mesi successivi, siglate dai commissari straordinari di Banca d’Italia. «Gentile cliente (…) il suo portafoglio risulta non adeguato al suo livello di conoscenza ed esperienza finanziaria, alla sua situazione finanziaria e ai suoi obiettivi di investimento». Segue invito in filiale per «verificare la coerenza delle informazioni» fornite con il questionario Mifid sulla propensione al rischio. Così il cliente potrà valutare «eventuali interventi sul suo portafoglio». Anche chi aveva le obbligazioni subordinate (e classificato con bassa propensione al rischio) ha ricevuto la lettera. Sembra il tentativo della banca di mettere una pezza al peccato originale, cioè aver caricato i portafogli conservativi con titoli diventati “pericolosi”.È questa, con ogni probabilità, la lettera arrivata anche al pensionato suicida di Civitavecchia. «Tutto è cominciato a giugno – ha raccontato la moglie – quando la banca convocò mio marito, spiegandogli che il suo profilo non era più adeguato al suo investimento …lo convinsero a passare da un profilo a “basso rischio” ad uno ad “alto rischio”. Gli hanno fatto mettere un sacco di firme su un sacco di fogli». Forse quelle lettere hanno ottenuto il risultato di sistemare dal punto di vista formale molte posizioni incoerenti e magari prevenire problemi legali. A fine dicembre quando la direzione generale spedisce la prima missiva è ancora in sella il vecchio consiglio di amministrazione, poi mandato a casa a febbraio dal commissariamento della Banca d’Italia. L’Etruria a fine 2014 ha già bruciato il patrimonio. Dunque si è alzato enormemente il rischio sui bond subordinati. Chi li ha in portafoglio non percepisce il pericolo. Però è questo il momento in cui si chiude l’ultimo spiraglio, cioè quel poco di mercato interno che muoveva gran parte delle emissioni. Sono titoli congelati. E lo spazio per «eventuali interventi sul suo portafoglio», come dice la lettera? Chiuso. E allora? Una signora di Grosseto, ricevuta la comunicazione si è presentata all’appuntamento in filiale con le sue famigerate obbligazioni. «Voleva venderle – racconta l’avvocato Marco Festelli della Confconsumatori Toscana che ha raccolto ampia documentazione – ma le hanno detto che non c’è mercato, comunque di stare tranquilla. Ora sono azzerate. Forse per la banca quelle lettere erano un modo per scongiurare future responsabilità».
Le carte bancarie di un’altra cliente dell’Etruria, Roberta, che non vuole comparire, sono molto significative. Nel dicembre 2006 apre un dossier titoli e la banca le assegna un «Profilo di rischio: basso». Contestualmente le vengono vendute obbligazioni subordinate con scadenza 2016 per 20mila euro, unico titolo nel conto. Il 30 giugno 2010 l’estratto conto le attribuisce un profilo di rischio «medio» e nella contabile anche la rischiosità dell’obbligazione è indicata come «media». Sicché, in teoria, tutte le analoghe emissioni successive al 2010 avrebbero dovuto adeguarsi, quindi non piazzabili a chi pretendeva massima garanzia.
«Il bello è – dice al telefono Roberta, 43 anni – che io mi sono ritrovata “media” senza saperlo. Anzi, non capendoci nulla di finanza, ho sempre ribadito che volevo la garanzia del mio capitale. Vendere? Ci ho provato ma non mi hanno fatto vendere». Il 30 giugno scorso, nel frattempo, la rischiosità del titolo indicata nell’estratto conto saliva di livello: «alto». Ora che cosa ci scriveranno?