Corriere della Sera, 12 dicembre 2015
Banche, i rimborsi dei risparmiatori saranno valutati caso per caso
«Non si può escludere che le quattro banche abbiano venduto obbligazioni subordinate a persone che presentavano un profilo di rischio incompatibile con la natura di questi titoli ma questo è quanto andrebbe accertato con un’analisi di ogni singola posizione». È il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a dare qualche primo elemento, davanti alla commissione Bilancio della Camera, di quale sarà la «risposta compatibile con l’Unione europea» che il governo darà ai risparmiatori che hanno perso i soldi investiti nelle quattro banche salvate pochi giorni fa per decreto.
L’emendamento al disegno di legge di Stabilità, che sarà depositato nelle prossime ore, prevederà la creazione di un «fondo con il contributo delle banche». La somma dovrebbe essere 100 milioni di euro: basterebbe a coprire quasi un terzo dei 340 milioni di soldi persi dai 10.500 investitori coinvolti, anche se è possibile che ce ne siano altri che abbiano comprato gli stessi titoli non direttamente dalle banche ma da investitori istituzionali, e cioè dopo un secondo passaggio. La decisione «caso per caso» dovrebbe prevedere il ricorso all’Isee, il riccometro, per identificare i casi socialmente più delicati. Dando la precedenza alle obbligazioni più vecchie e meno rischiose, E sarà affidata a un arbitrato, anche se non è detto che la scelta cada sulla Consob, l’organo di vigilanza sulla Borsa, parte in causa nella vicenda. Tutti questi passaggi, in ogni caso, saranno definiti in un regolamento da emanare più avanti. La commissione europea fa sapere che l’arbitrato è «un’ottima idea». Ma anche che non è possibile che lo Stato rimborsi direttamente chi ha subito le perdite. Ed è qui che la partita è ancora da giocare. Padoan parla di contributo da parte delle banche. Ma nel governo c’è la tentazione di aggiungere anche un intervento pubblico, che porterebbe a un nuovo scontro con Bruxelles. Non a caso lo stesso Padoan ricorda che in Europa, quando le regole lo consentivano, per salvare le banche sono stati spesi 1.100 miliardi di euro. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco dice «l’impegno è massimo, abbiamo fatto il meglio». La Consob si difende affermando che non poteva vietare la vendita di titoli pericolosi. Il ministro Graziano Delrio osserva che la soluzione non è stato trovata per la banca del papà della Boschi (che è stato vicepresidente di quella dell’Etruria) ma per migliaia di risparmiatori mentre Silvio Berlusconi dice che avrebbe «abbracciato» la vedova del risparmiatore che si è ucciso a Civitavecchia ma «non ci si può lasciare andare a gesti del genere». Ma il capitolo banche non riguarda solo i quattro istituti salvati e i loro obbligazionisti nei guai. «La riforma del sistema del credito è quanto mai urgente – dice il presidente del consiglio Matteo Renzi – come abbiamo visto non solo nelle ultime ore ma nell’ultimo anno con la riforma delle popolari».
Lorenzo Salvia
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La riforma del credito che ieri il presidente del Consiglio ha invocato con «urgenza», al momento, prevede tre tappe. 1) Subito un emendamento alla legge di Stabilità per rimborsare in parte, con un non meglio definito «fondo con il contributo delle banche», i possessori di obbligazioni subordinate dei 4 istituti colpiti dalla procedura di risoluzione (Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio della Provincia di Chieti). 2) Un provvedimento, forse un decreto legge, dopo Natale per avviare la riforma delle Bcc, le 370 Banche di credito cooperativo, che, seguendo la loro stessa proposta di autoriforma, dovranno aggregarsi sotto una o più holding. 3) Un provvedimento, anche qui si parla di un decreto, da approvare prima possibile (ma i tempi dipendono dal negoziato con la commissione europea) sulla cosiddetta Bad bank, cioè il o i veicoli finanziari attraverso i quali liberare le banche dal peso delle «sofferenze»: i crediti verso soggetti in stato di insolvenza o equiparabile, che ammontano a 210 miliardi, pari al 10,3% dei finanziamenti concessi (erano il 3,8% nel 2008).
Questi tre interventi, pur rispondendo a casi tra loro non collegati, puntano tutti a mettere in sicurezza un sistema che ha urgente bisogno di riconquistare la fiducia delle famiglie e degli operatori. E arriverebbero dopo la riforma delle Fondazioni e quella delle Banche popolari, entrambe già avviate. Alla luce dello scaricabarile delle responsabilità, cui stiamo assistendo in questi giorni, per esempio tra Banca d’Italia e Consob (autorità di controllo sulle società e la Borsa), servirebbe anche qualche provvedimento per rafforzare la vigilanza. Ma qui il governo sembra intenzionato ad affidarsi a ciò che emergerà da una commissione di inchiesta parlamentare che lo stesso Renzi pare incoraggiare.
La soluzione cui ha solo accennato ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per gli obbligazionisti delle 4 banche denuncia la difficile ricerca di un compromesso con la Commissione europea che, prima ha impedito il salvataggio degli stessi istituti col Fondo interbancario, sostenendo che si sarebbe trattato di un aiuto di Stato (nonostante che, come afferma la Banca d’Italia, il Fondo sia finanziato da risorse private) e poi ha suggerito la via dell’arbitrato già seguita in Spagna in casi analoghi. Una soluzione che sta indubbiamente stretta al governo, perché non consente un rapido recupero di consensi presso i risparmiatori (e gli elettori) disorientati.
Anche sulla partita più grossa, quella della bad bank, il governo è alla ricerca di un difficile compromesso con Bruxelles. Il nodo da sciogliere è sempre l’aiuto di Stato, perché la soluzione prevederebbe una garanzia pubblica di ultima istanza (Cassa depositi e prestiti). Il negoziato va avanti da mesi, non senza punte polemiche. Renzi è spazientito, quando pensa a ciò che l’Europa ha consentito agli altri. Alla fine del 2014, gli aiuti di Stato concessi alle banche ammontavano a 238 miliardi di euro in Germania, 52 miliardi in Spagna, 42 in Irlanda, 40 in Grecia, 36 nei Paesi Bassi, 28 in Austria, 19 sia in Portogallo sia in Belgio. Di contro, ha ricordato Carmelo Barbagallo (Bankitalia) alla Camera, «era di circa 1 miliardo il sostegno pubblico in Italia, oggi integralmente restituito». Due pesi e due misure. Il fatto è che gli altri governi si sono mossi prima. Prima che entrassero in vigore le regole europee, che ora limitano moltissimo l’intervento pubblico. Renzi sta cercando di sostenere che a lui tocca rimediare le conseguenze dell’inerzia di chi lo ha preceduto. Ma in politica, si sa, conta il presente.
Enrico Marro