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 2015  dicembre 11 Venerdì calendario

La cura Bezos sta facendo bene al Washington Post

Sono passati poco più di due anni dal 1° ottobre 2013, giorno in cui Jeff Bezos, fondatore e ceo di Amazon, ha completato l’acquisto del Washington Post dalla famiglia Graham. In questi due anni il fatturato è più che raddoppiato, passando da poco meno di 1 miliardo di dollari a oltre 2,4; mentre il margine è passato da un pareggio effettivo (+0,2%) a una perdita del 12% (circa 300 milioni di dollari).
Il prodotto ha registrato una crescita costante di popolarità, culminata alla fine di settembre di quest’anno in un risultato digitale spettacolare: 59,2 milioni di unique visitors. Una crescita del 41% anno su anno, concentrata sul mobile dove il segno positivo è al 63%.
I primi passi sono stati quelli di un editore tradizionale con i soldi (tanti) di un imprenditore digitale. Il flusso di cassa e lo stomaco per le perdite sono caratteristiche di Bezos e delle sue imprese e marcano la differenza più profonda con gli altri editori dal passato meno digitale che hanno quasi tutti imboccato una strada votata alla difesa di margini in contrazione con il taglio dei costi. L’abbondanza di risorse ha portato al Washington Post un nuovo tandem a capo dei contenuti: Marty Baron e Frederick J. Ryan Jr, cioè uno dei co-fondatori di Politico e un membro dello staff presidenziale di Ronald Reagan, a cui è stata affidata una redazione fresca di 100 nuovi ingressi di giornalisti digitali; circa 50 ingegneri e sviluppatori aggiunti ai quasi 180 che già erano a libro paga, oltre all’apertura di WPNYC, lo studio di usabilità digitale dedicato allo sviluppo di forme nuove di racconto e di prodotto.
In totale la spesa in ricerca e sviluppo è salita da 1 miliardo di dollari nel 2008 a 6 miliardi nel 2014. Di poco inferiore agli 8 miliardi investiti da Google, più del doppio di quelli investiti da Apple.
Commercialmente, il Post si è mosso con due principi fondanti: creare una grande audience anche a scapito della marginalità e costruire un’offerta tecnologica per l’intero settore industriale. Com’era lecito aspettarsi dal principale venditore digitale del pianeta, il tema del valore pubblicitario ha assunto un ruolo ancillare nel modello di business del Post, che ha come baricentro il rapporto di pagamento diretto tra il lettore e l’editore, tra il cliente corporate e il fornitore di servizi editoriali a carattere tecnologico.
Le strategie di distribuzione hanno spinto molto sul mobile e hanno preso pieno vantaggio delle piattaforme social come Facebook e Snapchat e delle sinergie con Amazon. Negli accordi commerciali con il National Network (300 testate locali fisiche e digitali che offrono ai loro lettori le notizie nazionali del Post) e con la casa base Amazon (servizi su misura per Kindle prima e ora per Prime) l’abbonamento al Washington Post non è gratuito ma scontato, arrivando a costare circa 48 dollari l’anno contro i 348 dollari del Wall Street Journal o i 455 dollari del New York Times. In ognuna di queste occasioni, lo sconto vale sui contenuti nazionali del Washington Post, preservando quindi il valore di quelli locali dalla “cannibalizzazione”, essendo quasi il 60% del totale del fatturato del Post generato dai ben più remunerativi abbonamenti locali cartacei che costano ancora i 475 dollari l’anno.
Si tratta quindi di cercare un equilibrio fra l’attrazione di una base di lettori più ampia, giovane e meno localizzata su Washington – cui offrire un prodotto nazionale a prezzo più basso, virato verso la mobilità e il digitale – e il lettorato locale con prezzi e modelli più tradizionali che fanno leva sul valore del ruolo culturale che il Post ha nella capitale americana.
La seconda parte della strategia commerciale del nuovo Washington Post è quella più propriamente “amazoniana”. Il distillato del lavoro del team d’ingegneri di Bezos è un sistema di funzionalità integrate che si chiama ARC. Un insieme di sistemi digitali che copre dalla gestione dei contenuti alla loro presentazione, dalla gestione dei diritti ai sistemi di analisi dati, dalla misurazione del ritorno dell’investimento sui singoli contenuti alle metriche d’ingaggio su strumenti mobili e piattaforme social. Si tratta di una piattaforma capace di integrarsi con i sistemi di produzione cartacea e con le piattaforme di pubblicazione digitale più diffuse. Ciascuna funzione è vendibile da sola o integrata alle altre. Un sistema che, come Amazon Cloud, Bezos vuole vendere come servizio all’intera industria, partendo dai 300 editori federati al suo National Network per finire a tutti i suoi competitor, incluso il New York Times.
La portata innovativa della presenza di Bezos nel mercato sta in due elementi di diversità: la capacità di sostenere perdite che permette di puntare sulla crescita dell’audience senza dover tagliare sulla qualità del prodotto; la capacità tecnologica di costruire un nuovo strumento di produzione industriale sviluppato per gli editori ibridi, cartacei e digitali. In questi due elementi di diversità sta il contributo che il Washington Post può dare alla ristrutturazione delle imprese editoriali e, in particolare, di quelle che producono quotidiani.