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 2015  dicembre 11 Venerdì calendario

I salvataggi delle banche in Europa sono costati finora 800 miliardi

Sono stati numerosi i salvataggi di banche in Europa negli ultimi anni di bufera finanziaria, prima però che entrassero in vigore le nuove regole del bail-in. L’espressione si contrappone al bail out, cioè il salvataggio esterno con i soldi pubblici. Con l’aggravarsi della crisi, per frenare il moral hazard sia negli Usa che in Europa ha prevalso l’idea di coinvolgere gli investitori privati (azionisti e obbligazionisti in primis) per non far ricadere l’intero costo del salasso dei default bancari sui contribuenti.
Il conto dei salvataggi è salato: a fine 2014 gli aiuti di Stato concessi alle banche ammontavano a 238 miliardi in Germania (8,2% del Pil), 52 miliardi in Spagna (5%), 42 miliardi in Irlanda (22,6%), 40 miliardi in Grecia (22,2%), 36 miliardi nei Paesi Bassi (5,5%), 28 in Austria (8,4%), 19 miliardi in Portogallo (11,0%) e 19 anche in Belgio (4,6%). Ma per Atene il conto non è finito.

Grecia

Dopo aver ricevuto 40 miliardi di euro di aiuti pubblici dai primi due salvataggi alle quattro maggiori banche greche, la Bce il 30 ottobre scorso aveva applicato uno stress test per verificare gli ulteriori bisogni di ricapitalizzazione. Secondo lo scenario base, agli istituti servivano 4,4 miliardi di euro. La Bce aveva ritenuto che questi potevano essere coperti da capitali privati. Secondo lo scenario avverso, le banche avrebbero avuto bisogno di iniezione di capitale fresco per 14,4 miliardi di euro.
Le necessità maggiori erano state individuate alla Piraeus Bank, che doveva raccogliere 4,9 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi secondo lo scenario base. Al secondo posto la Banca nazionale di Grecia, con 4,6 miliardi di euro, di cui 1,6 per lo scenario base. Le due banche alla fine hanno chiesto aiuto al Fondo statale HFSF per iniettare capitale attraverso bond convertibili e azioni ordinarie. Le due banche prima avevano offerto ai creditori di trasformare le obbligazioni in azioni e cercato di vendere quote azionarie.
Per le altre due banche le richieste della Bce erano risultate inferiori: rispettivamente 2,7 miliardi di euro per Alpha Bank, di cui 263 milioni per lo scenario base e 2,2 miliardi di euro per Eurobank, di cui 339 milioni nello scenario base. Queste due banche hanno raccolto abbastanza capitale dagli investitori per coprire le necessità senza ricorrere agli aiuti di stato. Alpha ha incassato 1,55 miliardi di euro in aumento di capitale a cui si sono aggiunti 1,01 miliardi di euro di una trasformazione di bond in azioni, per un totale di 2,6 miliardi di capitali freschi. Quanto a Eurobank sono arrivati 2 miliardi di euro di vendite di azioni e scambio di debito in azioni di investitori tra cui Fairfax Financial Holding e Wilbur Ross.

Spagna

In seguito a una bolla immobiliare molte banche spagnole vanno in crisi di liquidità nel 2012 e Madrid chiede aiuto ai partner europei per una cifra di 100 miliardi di euro. In realtà ne serviranno molto meno e il 31 dicembre 2013 la Spagna esce con successo dal programma di assistenza finanziaria dell’Esm, il fondo salva-Stati dell’Ue. Dall’inizio del programma, nel dicembre del 2012, ad fine 2013i il fondo eroga 41,3 miliardi di euro al Governo spagnolo per la ricapitalizzazione del settore bancario. Politicamente però il prezzo da pagare è alto: nascono movimenti anti-sistema come Podemos che sfidano i due partiti di governo e le loro politiche di austerità sociali accompagnate da salvataggi bancari con i soldi pubblici.

Cipro

Siamo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. Le banche di Cipro sono state messe in ginocchio dalla ristrutturazione del debito greco che taglia il valore nominale dei bond del 50%, di cui erano grossi investitori e dal crollo dei prezzi del mercato immobiliare cipriota. Una di queste, la Laiki Bank (Banca popolare di Cipro), è letteralmente sull’orlo del collasso. Non si tratta di un istituto di credito qualunque: è il secondo gruppo bancario dell’isola, un pezzzo del sistema. Nicosia accetta dopo molte traversie e fugeh in vanti un piano di lacrime e sangue che consiste nel controllo dei capitali, in un prelievo forzoso sui conti correnti oltre i 100mila euro e nella liquidazione della Laiki Bank.

Irlanda

Il costo della crisi bancaria a Dublino è stato pesante. Il deficit pubblico è aumentato del 25 % del Pil su base cumulata. Un salasso rispetto al costo pagato da paesi come la Spagna, dove l’effetto di aumento del deficit è stato pari al 4,4 % del Pil.
Alla fine, secondo uno studio della Bce di settembre è di 800 miliardi di euro spesi (l’8% del Pil di eurolandia) e 330 recuperati (pari al 3,3% del Pil) il bilancio degli oneri sostenuti dall’eurozona per salvare le banche durante la crisi finanziaria, tra il 2008 e il 2014.
In Italia, invece, assieme a Francia e Lussemburgo, le entrate derivanti dagli aiuti alle banche «sono state persino leggermente superiori alle uscite, dello 0,1% del Pil».