Libero, 11 dicembre 2015
La sfida di Malevic alla natura
Cento anni di Suprematismo, ovvero «la supremazia della sensibilità pura nell’arte; l’espressione pura senza rappresentazione; la creazione non-oggettiva». Il centenario è festeggiato alla Fondazione Beyeler di Basilea con la ricostruzione della sala suprematista del 1915 e la lunga lista degli artisti che negli anni si sono ispirati a Kazimir Malevic (1878- 1935). Anche la Gamec di Bergamo omaggia l’autore con la mostra Malevic aperta fino al 17 gennaio, a cura del direttore Giacinto di Pietrantonio e di Evgenija Petronova, vicedirettrice del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. La mostra si apre con la ricostruzione dei coloratissimi costumi per lo spettacolo de La Vittoria sul Sole del 1913, nel quale l’astro simboleggia il passato artistico da superare. Compaiono anche i bozzetti degli abiti di scena realizzati da Malevic e un filmato della rappresentazione, che era una sorta di opera d’arte totale, tra poesia, arte visiva, musica e teatro, il cui sipario portava già i segni del Suprematismo, ovvero il fondamentale Quadrato nero. Numerose le affinità tra il percorso di Malevic e Kandinskij. I due infatti partono dalla figurazione e dal simbolismo; per entrambi è determinante l’influenza dell’arte russa tradizionale. Malevic, in particolare, è affascinato dai colori brillanti delle icone russe, il rosso e l’oro, e dalla ieraticità delle figure. L’esposizione prosegue con le prime tele simboliste, come Paesaggi con filari di alberi del 1906 e Autoritratto con fiocco rosso del 1907, quindi le opere tra Cubismo e Futurismo: Vacca e violino (1913); Composizione con la Gioconda (1914). Al Suprematismo l’artista arriva nel 1915, in occasione dell’Ultima Mostra Futurista 0.10. Il Quadrato nero diventerà un’icona dell’arte astratta. Per Malevic era «l’embrione di tutte le possibilità che nel loro sviluppo acquistano una forza sorprendente». In esso possiamo ritrovare per esempio le future intuizioni di Burri, Rothko, Kline, Sol Lewitt, Albers, Klein, Manzoni, Merz, Kounellis… In mostra anche Cerchio nero e Croce nera (1923) e le lettere con la descrizione di come collocarle alla Biennale di Venezia del 1924. E ancora Quadrato Rosso (1915). Malevic in verità dipinge quadrangoli, non quadrati, perché le forme, disegnate a mano, senza righello, non sono perfette e non presentano lati paralleli. L’intento dell’artista era sottolineare il lavoro manuale dell’uomo, la sua creazione. La visione diventa un processo mentale per comprendere il senso dell’universo. Il Suprematismo riguarda anche l’architettura e il design. Esposti quindi i plastici Architektony degli anni Venti sul tema della città futura, le pitture smaltate su porcellana e le tele-progetto per tessuti dal decoro suprematista, realizzati a partire dal 1919. Dagli anni Venti, Malevic si dedica alla teoria e scrive saggi e appunti. Dopo aver sperimentato il carcere con l’accusa di spionaggio, quando la dittatura comunista si fa più feroce, è costretto a ritornare alla figurazione, ma conservando sempre traccia della sua peculiare ricerca. È il momento del Supranaturalismo e del Suprarinascimento: la vita contadina russa, dove donne e uomini sono manichini metafisici senza volto e la casa non è che un quadrato rosso; i ritratti e gli autoritratti. In mostra anche altri autori russi, avvicinati a Malevic, come Michail Fëdorovic Larionov e Natalija Goncarova, che fondano il raggismo, portando nel Cubofuturismo l’attenzione per la luce.