La Stampa, 11 dicembre 2015
I presepi d’Italia in mostra al Quirinale
Il presepe è un’invenzione italiana, anche se l’Italia non c’era ancora, o non era ancora stata battezzata come tale. Nel Natale del 1223 a Greccio nel Lazio, Francesco, di ritorno dall’Egitto e dalla Palestina, realizza la prima messa in scena della natività di Gesù. La parola che lo definisce deriverebbe da «greppia», ovvero la mangiatoia dove sono tenuti gli animali, bovini e ovini, luogo usato per dare alloggio al Bambin Gesù appena nato.
Come si sia passati dal presepe vivente, con tanto di personaggi in carne e ossa del Poverello d’Assisi, alle statue esposte nelle chiese, e quindi all’allestimento nelle case, non è ben chiaro. Fatto sta che nel Seicento, e poi sempre più nel Settecento, i nobili usavano inscenare la Natività nelle loro magioni con statue realizzate apposta. Poi è entrato negli appartamenti borghesi e subito dopo nelle abitazioni popolari, diventando in alcuni casi, a Napoli ad esempio, una vera e propria mania.
Oggi il presepe è arrivato al Quirinale. L’ha fatto con i suoi caratteri marcatamente regionali: le venti regioni italiane hanno esposto il proprio presepe. Un’iniziativa di Sergio Mattarella: «Presepi d’Italia». L’Abruzzo è un borgo di case arroccato in cima alla montagna con castello feudale e grotta; la Basilicata un angolo dei Sassi; la Campania un rudere di tempio romano, dove alloggiano le figure della sacra rappresentazione; il Friuli una iconografia d’ascendenza bizantina con campanile; le Marche un caseggiato d’ambiente palestinese con una lussureggiante palma; in Molise la nascita avviene a Porta Tammaro nella cinta muraria dell’antica Sepino romana; in Piemonte invece in un borgo di montagna con Gelindo e Maffeo e altre figure dei vecchi presepi subalpini; e ancora la Puglia mostra un rustico diroccato nella campagna salentina; la Sardegna pone invece figurine minuscole su sughero e sassi; la Sicilia allestisce un palazzo diroccato del Settecento con personaggi in preziosissimo corallo; il Veneto è nei vetri di Murano, materia densa e nobile; fino al Trentino e all’Alto Adige dove Maria Giuseppe e Gesù sono intagliati nel legno, il primo nel noce, il secondo nel cirmolo.
La rappresentazione e la disposizione dei personaggi è quanto di più tradizionale ci si poteva attendere con le bellissime terracotte policrome del Settecento di scuola bolognese, i gessi lombardi discendenti dalle forme del Sacro Monte, manichini policromi coperti d’abiti fastosi e popolari della Liguria. Per Giorgio Manganelli, autore di uno straordinario libretto intitolato «Il presepio» (Adelphi), opera teologico-fantastica, il Natale è una cigolante macchinazione cosmica che secerne uno spettacolo composto di personaggi, paesaggi, luminarie e musiche. Il presepe è il concentrato di tutto questo e insieme una meccanismo che produce mitologie, non solo religiose, ma anche sociali, economiche e persino politiche. Rappresenta il mondo in generale, oltre che i sogni e le fantasie di chi l’ha allestito.
L’Italia vista dalla Sala di Augusto nel meraviglioso Palazzo del Quirinale è una sequenza d’identità multiple e cangianti, unita da un unico segno linguistico, ma diversa per forme e spazi. Ogni presepio parla la propria lingua e il suo dialetto, mostra i propri costumi e le sue immaginazioni profonde. Il presepe proveniente da Greccio, dal Santuario Francescano del Presepe, è realizzato in una lanterna ottagonale illuminata. Dentro Francesco con il Gesù Bambino poggiato sopra l’altare di pietra, sotto il bue e l’asinello. Niente genitori: niente Maria e Giuseppe, niente Re Magi. Una premonizione? Un single nel futuro del Natale e della sua rappresentazione? L’Italia futura è ancora un vaticinio da decifrare, anche nel Presepe.