La Stampa, 11 dicembre 2015
Droni, aerei e forze speciali: Obama ha un piano per sconfiggere l’Isis
Il Pentagono vuole costruire una rete di basi per contrastare l’Isis, e in generale la minaccia terroristica, tra l’Africa e il Medio Oriente. Una delle regioni che preoccupa di più è la Libia, perché qui gli affiliati dello Stato islamico, oltre al fatto che il leader Al Baghdadi si sia effettivamente rifugiato a Sirte o no, sono molto determinati ad attuare la strategia di colpire l’Occidente.
I gruppi affiliati
Il piano è stato rivelato dal «New York Times», secondo cui lo ha delineato l’ex capo degli Stati Maggiori Riuniti, Dempsey, poco prima di lasciare il posto a settembre scorso. Il leader del Pentagono Ashton Carter lo ha fatto suo, ed è stato discusso questa settimana durante una riunione alla Casa Bianca con i membri del gabinetto del presidente Obama.
L’idea dei militari è che la minaccia dell’Isis ormai si è allargata troppo per poterla contenere solo con le operazioni in corso in Iraq e Siria. I gruppi che hanno aderito al Califfato sono una dozzina, sparsi fra l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia sudoccidentale, e quindi bisogna essere pronti a colpirli in tutti i teatri.
Militari a Sigonella
Le basi esistenti, tipo quella di Sigonella che da sempre è impegnata nella sorveglianza del Nord Africa, non bastano più. Lo ha dimostrato proprio il caso dell’assalto riuscito al consolato americano di Bengasi. Per rispondere a nuovi attacchi di questo tipo, o prendere di mira i membri dell’Isis prima che entrino in azione, bisogna avere strutture più agili e vicine. Da qui l’idea di costruire una rete di punti di appoggio, dove mettere aerei, droni, soldati delle forze speciali e uomini dell’intelligence. Al centro della rete dovrebbero esserci quattro hub principali più grandi, uno a Gibuti, uno in Afghanistan a Jalalabad, e uno in Iraq ad Erbil.
Sigonella non è citata direttamente dal «Times», ma copre proprio la quarta area geografica principale scoperta.
L’alternativa potrebbe essere Moròn in Spagna. A questi hub, che ospiterebbero fra 500 e 5.000 uomini, si aggiungerebbero poi una serie di postazioni minori, dall’Etiopia al Burkina Faso, passando anche per Niger e Camerun. In questi casi si potrebbe trattare anche di piccole piste di atterraggio riadattate, dove posizionare pochi mezzi e uomini necessari a lanciare operazioni mirate, o presidiare l’area.
Il fronte Nordafricano
È interessante notare come la Libia sia in cima alle preoccupazioni del Pentagono, perché a differenza di quanto accade ad esempio in Nigeria con Boko Haram, gli affiliati dell’Isis nella ex colonia italiana sono molto fedeli al Califfato, e determinati a colpire l’Occidente con azioni terroristiche come quella avvenuta in novembre a Parigi. Considerando la vicinanza alle nostre coste e i traffici in corso, questo è un problema che riguarda direttamente il nostro paese. Squadre di intelligence sono già presenti, e si è visto con l’operazione per eliminare il capo locale dell’Isis al Zubaidi, che gli Usa sono determinati a far seguire da azioni simili.
Il costo del progetto non sarebbe elevato, nell’ordine di pochi milioni, perché nella maggior parte dei casi verrebbero usate strutture già esistenti. Il problema però è politico, perché il dipartimento di Stato non vede bene questa presenza permanente del Pentagono nell’area, che rischia di militarizzare le relazioni estere americane.