la Repubblica, 11 dicembre 2015
Fare l’allenatore di Federer, il mestiere più inutile del mondo
Giunge notizia che Roger Federer ha ufficialmente ringraziato Stefan Edberg per avergli tenuto compagnia per due anni, nei quali lo svedese andava a rete per interposto Roger, o così dicono gli esperti. Ha anche dichiarato che, al posto di Edberg, verrà ad allenarlo Ljubicic. Era passata una settimana dacché avevo letto che lo stesso Ljubo avrebbe lasciato Raonic, che allenava, sin qui, insieme al suo ex-allenatore, Piatti. Piatti, che rimaneva con Raonic.Simili notizie potrebbero sollevare nelle portinerie qualche polverone. Poiché mi sono sempre dedicato ad altre attività professionali, preferisco sorprendermi per la presunta importanza che la parola coach sembra aver assunto da qualche anno nel tennis. Inizio a cercare il sostantivo coach su uno dei miei dizionari italo-inglesi, e ne devo consultare 3 prima di trovare, all’ultima riga di una colonnina, tennis-coach, istruttore di tennis. Coach rimane invece, nella originaria accezione, torpedone, pullman. Vale anche quale maestro per darripetizione a un ragazzo ignorantello. Ma come si fa a considerare Federer e tutti i suoi colleghi sprovvisti di cultura specifica ?Ricorderò allora che il coach, ora indispensabile al numero 500 del mondo, venne di moda negli Anni 60, quando, ex metalmeccanico e finto comunista, giunse sulle coste tirreniche un genio, a nome Ion Tiriac. Tiriac portava con se, oltre ad una valigia legata con lo spago, un genietto bizzarro, a nome Ilie Nastase, con il quale prese a giocare il doppio, e del quale divenne il tutore, dividendone a metà i premi vinti. Ne parlo con qualche cognizione di causa, perché fui, se non proprio coach, direttore sportivo della squadra del Tennis Olona, che disputava il campionato europeo per team. Titolo che non vincemmo in finale, probabilmente a causa della mia mancata professionalità di coach. Da Nastase, Tiriac, che ci litigò – come me, perché Nasty è matto, in senso buono – passò a dirigere Vilas, e infine addirittura Becker. Per poi divenire un vero uomo d’affari, proprietario di una banca nel suo paese liberalizzato, e insieme proprietario del torneo di Madrid e di chissà che altro. Forse non soltanto per il suo esempio, le generazioni successive iniziarono a non sapere più privarsi di papà adottivi, di gente che per solito giungeva a partecipare (15-20 %) ai premi e magari alle sponsorizzazioni dei loro figliocci.Mi si domanda: è indispensabile una figura simile? E, insieme : ti sei dimenticato del grande Harry Hopman, capace di allenare un’intera generazione di tennisti australiani, 15 vittorie in 18 anni di Davis? Rispondo Hopman fu il primo a introdurre l’allenamento atletico nel tennis, prima di lui quasi ignoto, e non mancarono casi di suggeritori, magari non del tutto coach, come il sottoscritto giornalista, che offrì delle dritte a Pietrangeli, Panatta, e al povero Gerulaitis, del quale fu palleggiatore.Non dovrebbe però essere obbligatorio, quando si è appreso a colpire la palla, e si diventa maggiorenni, assicurarsi la compagnia di un suggeritore, figura scomparsa in palcoscenico. Un palleggiatore, certo. Un fisioterapista, non meno certo. Ma uno che ti dica «oggi piove», in uno sport individuale, non dovrebbe essere indispensabile. A meno che il Campione non sia diventato un Robot.Come temo.