Avvenire, 11 dicembre 2015
La lenta morte del Totocalcio
Qualche maligno – o forse qualche bene informato – sussurra che almeno fino alla prossima primavera si arriverà, c’è in ballo un anniversario importante, 70 anni, brutto, anzi, maleducato, ingiusto chiudere la saracinesca prima di una festa. Che oltre che di compleanno, tuttavia, potrebbe anche sapere di addio. Il Totocalcio, dal 1946 ex sogno degli italiani, continua in dignitosissimo silenzio a percorrere il viale del tramonto, tra conti che non tornano e che non torneranno più. Ancora prima di analizzare cifre, numeri, ragioni oggettive, basta solo farsi una passeggiata in un agglomerato urbano qualsiasi,meglio ancora se piccolo, se rannicchiato nella profonda provincia italiana. Lo sguardo vaga a mezza altezza e non incrocia più con frequenza quel neon verde scuro sovrastata da una scritta gialla in corsivo, inconfondibile: qui si vendono sogni che corrono dietro a un pallone, entrate gente. La schedina da tempo fredda, automatizzata, se c’è è nascosta nell’angolo della supertabaccheria che spinge invece i “gratta e vinci” o tutte queste nuove forme di lotteria istantanea buonissime per appiattire la fantasia e il portafoglio del popolone vittima più o meno consapevole della bisca Italia. Oppure, se ci si trova davvero nel borgo, eccola nel classico Bar Centrale, dei vecchietti, del calice, della scopa d’assi: nel rituale degli astanti e dell’oste resiste la giocata comune a caccia del “13”, che poi sarebbe il “14”, ma vallo a sradicare dal cervello un numero-mito, un punto centrale della tua personalissima storia di un italiano.Se li interroghi, gli osti di cui sopra, ti dicono che le schedine emesse in un weekend (e i concorsi, dai tempi dell’ultima riformona del gioco, sono in genere due, al sabato e alla domenica) si contano tranquillamente sulle dita delle due mani, e che spesso la volontà di mantenere lo stesso il Toto nel proprio bouquet coincidono con la possibilità di averlo senza troppo peso nel pacchetto dei giochi Sisal, che si occupa della gestione del Toto per conto dei Monopoli di Stato – che hanno rilevato il concorso dalle mani del Coni nel 2002 -, e con l’affetto, l’abitudine, la sensazione che dicendo basta alla schedina già più amata dagli italiani, si perda anche un pezzettino della propria quo- tidianità. Quest’ultimo fattore, vale a dire del Totocalcio come bene culturale, come “valore” comune di un Paese, è esattamente la ragione per cui i Monopoli non hanno già fatto partire la sigla finale da almeno tre o quattro anni, ovvero da quando, conti alla mano, l’1X2 e il suo figlioccio Totogol sono risultati giochi che non valevano più la candela della raccolta. Le spese di stampa, personale comunque addetto, burocrazia, distribuzione, organizzazione e chi più ne ha, più ne metta, superano ormai i ricavi senza possibilità di una controtendenza: economicamente parlando, assicurano dalla Aams, il Totocalcio è un gioco in perdita, forse l’unico banco non vincente al mondo. Alla Sisal confermano che nella loro galassia fatta di scommesse sportive e Superenalotto, la cara vecchia schedina non porta più dello 0,5% dei ricavi: copre i costi di cancelleria, insomma.I montepremi, quelli che un tempo ascoltavamo alla radio o alla Domenica Sportiva non riuscendo nemmanco a mettere a fuoco l’entità stratosferica della cifra, parlano da soli: l’ultimissimo concorso si è snodato tra martedì e merco-ledì, con l’ultima tornata dei gironi di Champions League, a disposizione degli scommettitori sono finiti poco più di 165mila euro, niente 14 e soli sei 13, che tuttavia hanno fruttato pochino, 5.302 euro. Un premio che oggettivamente, considerando anche alcuni risultati a sorpresa, sarebbe stato ampiamente superato se si fosse azzeccata la stessa “martingala” di partite con le scommesse al totalizzatore, anche partendo da un investimento di poche decine di euro. Se poi diventa una lotta nel fango anche riscuotere vincite non certo eclatanti, come è capitato recentemente a un professionista in Friuli, rimandato in quattro diverse location per farsi liquidare un 13 da poco più di 3mila euro, ecco che le sopravviventi voglie di Totocalcio possono pure scemare insieme al gioco stesso. Lo scommettitore friulano, comunque, è riuscito alla fine a incassare: alla faccia di Martino Scialpi, la vittima bianca della schedina degli anni d’oro. E se proprio nel 2016 sarà festa d’addio, facciamo che sia fatta giustizia, che il festeggiato sia simbolicamente anche lui, fortunatissimo e sfortunatissimo insieme, milite per nulla ignoto di un esercito sterminato fatto di generazioni di italiani, e dei loro sogni d’oro al sabato notte.