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 2015  dicembre 11 Venerdì calendario

I danni causati da Donald Trump

Chi ama la fantapolitica immagina da tempo un gioco di sponda tra Trump e i Clinton, suoi vecchi amici, col tycoon che irrompe nel campo repubblicano solo per seminare il caos aprendo la strada a Hillary. Un gioco sfuggito di mano per gli imprevisti, enormi consensi raccolti da Trump che a questo punto ci crede e va fino in fondo. Pronto a lasciare il Paese alla ex first lady dopo aver lucrato un anno di popolarità planetaria per sé e le sue attività imprenditoriali e aver maturato un bel credito col nuovo presidente, sospettano alcuni repubblicani. Ma è più probabile che Trump giochi solo per sé e che a questo punto ci creda davvero: le spara sempre più grosse senza curarsi degli effetti devastanti che provoca in termini di deterioramento dei rapporti tra Occidente e Islam o anche solo di imbarbarimento della politica americana. È convinto che in questo modo resterà saldamente in testa nel gradimento degli elettori di destra fino all’inizio della stagione delle primarie, tra un mese e mezzo. Intanto devasta il partito repubblicano che non sa più come liberarsene. I sondaggi fanno paura e non solo perché gli danno il 35%: dicono che i due terzi di questi lo seguirebbero se si candidasse da indipendente. Il miliardario punta sulla frustrazione degli americani bianchi che si sentono assediati. Ma con le sue sortite esagerate e sguaiate – fascismo e razzismo posso entrarci ma in modo strumentale, lui non ha ideologie – Donald toglie ossigeno agli altri candidati. Magari fallirà, ma liquidarlo come un fenomeno da baraccone, oltre che passeggero, è sbagliato. La sua cavalcata ha già alterato gli umori dell’America e le dinamiche del partito repubblicano. Nel quale, come possibile alternativa a Trump, in luogo dei moderati Jeb Bush e Kasich, stanno emergendo i più ideologicamente radicali tra i candidati con una caratura politica: Ted Cruz e anche Marco Rubio. Trump non è solo l’incarnazione di un lepenismo americano che sfrutta e alimenta le paure della gente: è anche il capopopolo che trasforma la rabbia del «99% contro l’1%», i proletari e il ceto medio impoverito contro i ricchi, in un fenomeno che perde il connotato economico e diventa la rivolta guidata da un miliardario contro le élite politiche. Di sinistra come di destra. Con Trump che, in nome dell’antipolitica, rischia di travolgere non solo un’intera classe dirigente più o meno valida, ma le fondamenta stessa della convivenza: dal rispetto della Costituzione a quello di leggi e accordi internazionali.