il Fatto Quotidiano, 9 dicembre 2015
Breve ma movimentata storia del Mattinale, il giornalino del Cav.
“E all’alba andavamo a Palazzo Grazioli…”. Potrebbe intitolarsi così il libro di memorie del Mattinale, parafrasando un famoso libro di Eugenio Scalfari sulla Dolce vita. La storia del Mattinale è quella degli ultimi quindici anni di Forza Italia. Storia di idee, strategie, rapporti di potere, fortune e disgrazie politiche, parabole personali. Il giornale è tornato agli onori delle cronache in questi giorni perché buona parte del gruppo forzista alla Camera vorrebbe toglierlo dalle mani di Renato Brunetta, che a Montecitorio ne ha fatto un po’ il suo house organ personale.
L’idea venne in una tiepida mattina di settembre del 1998 a Silvio Berlusconi e Niccolò Querci, importante ex manager del Biscione tra Mediaset e Publitalia. Non è dato sapere se il nome fu preso – udite udite – da una famosa rubrica del quotidiano comunista il Manifesto. Ma tant’è. L’obbiettivo era quello di realizzare un giornale personale di Berlusconi in cui l’ex Cavaliere facesse confluire le sue idee per dare linea all’intero partito sui temi del giorno. Ma il Mattinale (7-8 persone a confezionare una decina di pagine) è stato anche un centro studi in cui si mettevano a punto dossier per preparare le truppe.
Se qualche forzista era chiamato a un dibattito televisivo, ecco planare per tempo sulla sua scrivania una cartellina con i suggerimenti, anche fisici. Fare no con la testa mentre parla un avversario politico, interrompere quando il nemico sta arrivando al punto cruciale: sono tutte idee partorite nell’ufficio del Mattinale. In realtà, quando il “giornalino” arrivava, verso mezzogiorno, nella casella di posta elettronica dei parlamentari, in pochi lo leggevano. Per molti era solo una scocciatura. A riceverlo non erano solo i politici, ma pure i giornalisti che seguivano Berlusconi o a quelli delle testate considerate vicine al centrodestra. Una sorta di velina quotidiana per far conoscere ai discepoli il verbo del capo.
All’inizio a farlo sono in quattro: Renato Brunetta (toh, chi si rivede), Fabrizio Cicchitto, Andrea Pamparana (cronista Mediaset firma di Tangentopoli) e Antonio Socci. Più qualche ragazzo di bottega. Riunione tutte le mattine alle 8 al primo piano di Palazzo Grazioli. Al secondo c’è Berlusconi. Che spesso si affaccia, in tutta e scarpe da ginnastica. “Quando trovava l’ufficio vuoto con le luci accese si arrabbiava moltissimo”, raccontano. Intanto la creatura cresce e passa di mano: nel 2001, dopo la vittoria alle Politiche, a occuparsene è Paolo Bonaiuti, il portavoce e ombra di Silvio, che chiama a dargli manforte un suo ex collega al Messaggero, Fabio Vazio.
Nella squadra ci sono anche il deputato milanese Gianni Mottola, l’ex parlamentare Giorgio Stracquadanio (deceduto nel 2014), Simone Baldelli, Deborah Bergamini. Ma in tanti contribuiscono: Gianni Letta, Sandro Bondi, l’allora capo ufficio stampa del partito Luca D’Alessandro, il senatore Riccardo Mazzoni. Nel corso degli anni arrivano il giornalista Pietro De Leo e le giovani della comunicazione del partito, Alessia Ardesi e Francesca Crispino.
Per anni la politica di Forza Italia si è fatta qui. E quello che accadeva dentro quelle mura serviva per capire gli umori profondi dell’inner circle berlusconiano, la vicinanza o la lontananza dal capo. Leggendarie, per esempio, le litigate tra Bonaiuti e Brunetta, con tanto di faldoni scaraventati a terra. Ma se ne racconta anche una con parecchi “vaffa” tra Bonaiuti e Stracquadanio, che se ne andò sbattendo la porta per poi fondare una sorta di fac simile, il Predellino.
Il Mattinale inizia a perdere d’importanza parallelamente alla caduta in disgrazia dello stesso Bonaiuti. Berlusconi se ne interessa sempre meno fino a quando, un bel giorno del settembre 2013, Maria Rosaria Rossi, causa default delle casse del partito, decide di chiuderlo, mettendo i sigilli a un’epoca. Riaprirà, qualche mese dopo, nella versione brunettiana, ma non sarà più la stessa cosa.