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 2015  dicembre 08 Martedì calendario

La crema vaginale di Belén e altre storie di doping

Ben Johnson e Lance Armstrong, i due atleti più dopati della storia, hanno commesso un errore: non aver avuto dirigenti comprensivi come quelli di casa nostra. Se Johnson avesse avuto un presidente come Giomi (Fidal), pronto a giurare che la fallita comunicazione della lista di sostanze dopanti era dovuta a un fax rotto, oggi sarebbe primatista del mondo dei 100 metri con 8”58”, un secondo meno di Usain Bolt; e se Armstrong avesse avuto un presidente di comitato come Malagò (Coni), pronto a raccontare di aver dato a Lance precise istruzioni telefoniche, se non fosse che i gorgheggi di Sheryl Crow – la moglie cantautrice – avevano impedito al texano la corretta comprensione del messaggio, oggi Armstrong sarebbe ancora titolare di sette Tour vinti.
Diciamolo: dove li trovate due dirigenti pronti a dire che sì, è vero, 26 azzurri sono stati deferiti per aver eluso i controlli, sul loro capo pende una squalifica di 2 anni, ma non facciamola tanto grande, sono ragazzate? Gibilisco non ha mai aperto una email? Lalli le ha aperte e non ha mai risposto? Vistalli inviava fax a un numero inesistente mentre Howe faceva fare tutto a mamma, che rispondeva in inglese a email in italiano? E che sarà mai! Siamo in Italia. Nella scoppiettante casistica delle balle raccontate dagli atleti per discolparsi da accuse e/o reati di doping, le bubbole dei nostri dirigenti arrivano a colmare una lacuna: quella delle panzane di Palazzo. Certo, fare concorrenza ai campioni colti in flagrante non sarà facile: ci vuole fantasia.
All’inizio furono Peruzzi e Carnevale (Roma) che positivi alla fentermina raccontarono di aver assunto Lipopill, un dimagrante, per limitare gli effetti della scorpacciata di fettuccine preparate da mamma Francesca. Poi arrivarono i fuochi d’artificio. Tyler Hamilton, ciclista Usa oro ad Atene 2004 (medaglia poi ritirata), spiegò che le cellule di sangue non suo trovate al controllo non erano dovute a emotrasfusione, ma erano del fratello gemello morto 30 anni prima in grembo alla madre.
Frank Vanderboroucke, ciclista belga morto a 34 anni per embolia polmonare, disse che i medicinali trovati nel frigo durante una perquisizione erano per il cane malato di asma; un po’ come la moglie di Raimondas Rumsas, ciclista lituano, Edita, che sorpresa al Tour con l’auto carica di medicinali giurò che erano per la suocera sofferente. A Mario De Clercq, ciclista belga, sequestrarono un quaderno zeppo di note su allenamenti e sostanze assunte: lui disse che erano appunti per un suo romanzo di fantasia. Fernando Couto, calciatore portoghese, trovato positivo al nandrolone diede la colpa allo shampoo “Head & Shoulders” che usava per tonificare il suo vaporoso ciuffo.
Dalla doccia alle lenzuola il passo è breve. Marco Borriello, ai tempi del Milan, giustificò la positività al cortisone con un cunnilinguus praticato a Belen, sua fidanzata, che aveva spalmato la parte intima con abbondante pomata. La Shawn Merrit, quattrocentista Usa, positivo agli steroidi anabolizzanti disse di aver fatto uso di un prodotto acquistato per aumentare le dimensioni del suo pene; Daniel Plaza, marciatore spagnolo, diede la colpa a una maratona di sesso orale fatta con la moglie incinta prima di una gara; mentre Paola Pezzo, campionessa di mountain bike, provò a giustificare la positività al nandrolone con un rapporto orale avuto col preparatore-fidanzato Paolo Rosola. L’avvocato della Procura Ugo Longo parlò di “acuta e intelligente difesa”, mentre Rosola si scagliò contro “la talpa che ha fatto trapelare la notizia”.
E che dire dei positivi alla cocaina? Mark Bosnich, portiere australiano di Manchester e Chelsea, disse di averla assunta per pungolare la fidanzata Sophie Anderson a smettere (“Ogni volta che ti fai una striscia, io me ne faccio due!”); Gilberto Simoni, due Giri vinti, disse di aver mangiato caramelle speditegli dalla mamma dal Perù e avvolte in foglie di coca; mentre Richard Gasquet, tennista francese, raccontò di aver baciato una ragazza in discoteca strafatta di coca (per la cronaca: venne creduto, così come Simoni). Tra i positivi al nandrolone, un cenno a Petr Korda, tennista ceco, è d’obbligo. Diede la colpa a una bistecca di vitello allevato con anabolizzanti: gli dissero che per giustificare la quantità di nandrolone trovatagli nel sangue avrebbe dovuto mangiare 40 vitelli al giorno per 20 anni.