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 2015  dicembre 10 Giovedì calendario

Ritratto di Yossi Cohen, il nuovo capo del Mossad

Alto, colorito bruno, lineamenti da rubacuori, espressione da duro, soprannominato “Il modello” per il portamento e l’eleganza; 54 anni portati alla grande, maratoneta dilettante, Yossi Cohen, neo direttore del Mossad, sembra uscito dalla penna di Ian Fleming o di John Le Carré. Cohen fa parte dei servizi israeliani da oltre trenta anni e negli ultimi due anni è stato Consigliere del primo ministro per la Sicurezza Nazionale. Cohen è sposato e ha quattro figli, negli anni trascorsi al Mossad ha diretto operazioni di intelligence in moltissimi Paesi e gli è stato conferito il prestigioso Israel Security Prize.
Negli anni da consigliere alla Sicurezza ha mantenuto amichevoli contatti con l’Amministrazione Obama, ha stretto una forte amicizia con la moglie di Benjamin Netanyahu e gli sono state attribuite azioni per sabotare il programma nucleare iraniano. Con questo curriculum, la nomina di Yossi Cohen a capo degli 007 israeliani non giunge come una sorpresa anche se ha dovuto sconfiggere la concorrenza degli altri due vicedirettori dei servizi. La stampa israeliana l’ha accolta senza riserve sottolineando i grandi meriti e le indubbie capacità di Cohen e paragonandolo immediatamente alle grandi spie della letteratura e del cinema.
 
Il nemico di Teheran
Netanyahu ha annunciato la nomina lunedì scorso parlando alla televisione e, nel suo discorso, ha sottolineato che il Mossad deve eccellere in tre campi: la capacità operativa l’intelligence e la diplomazia. “Per questa ragione la mia scelta è caduta su Yossi Cohen un uomo abile in tutti e tre questi campi”. La nomina non è filata liscia come l’autorevolezza di Yossi Cohen lasciava supporre. L’ufficio del primo ministro aveva fatto sapere che Netanyahu avrebbe parlato alla televisione al 20,15, ma l’annuncio è arrivato con oltre un’ora di ritardo. Secondo alcune fonti televisive il ritardo sarebbe stato causato dalla furibonda reazione di uno degli altri due candidati alla nomina che non avrebbe gradito la decisione del primo ministro. Yossi Cohen succede a Tamir Pardo che non si era rivelato in perfetta sintonia con il primo ministro. Pardo riteneva che il vero pericolo per Israele fosse rappresentato dai palestinesi e non dall’Iran, opinione questa che vedeva contrari sia Netanyahu che Cohen. Yossi Cohen è nato a Gerusalemme da una famiglia ebrea ortodossa, ma è cresciuto a Katamon non lontano da dove viveva la famiglia Netanyahu. Suo padre ha fatto parte della forza paramilitare di destra Irgun, attiva prima della nascita dello Stato di Israele. Cohen parla perfettamente inglese, arabo e francese e ha amici e contati in tutto il mondo.
Ma al nuovo capo del Mossad servirà molto più dell’innegabile fascino alla James Bond per far fronte con successo a una serie di delicatissimi problemi.
Si insedierà al vertice del Mossad all’inizio di gennaio in un momento in cui avrà bisogno di tutte le sue capacità per controllare il rispetto da parte dell’Iran dell’accordo nucleare concluso da pochi mesi e che gli israeliani continuano a guardare con sospetto. Cohen sarà un elemento chiave della politica israeliana volta a impedire che l’Iran diventi la nazione egemone della regione. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha scritto che se è vero che negli ultimi anni, come riferito da più parti, il Mossad ha assassinato scienziati iraniani, intercettato materiali destinati ai siti nucleari e hackerato i computer dei centri di ricerca in Iran, ciò lo si deve in larga misura agli agenti reclutati e addestrati da Yossi Cohen.
Il nuovo responsabile del Mossad ha diretto la più importate sezione dei servizi, Tsomet, che è responsabile della gestione delle reti spionistiche all’estero e in seguito è diventato uno dei vicedirettori dell’agenzia. È considerato un tattico brillante, ma i suoi critici sostengono che deve ancora dimostrare capacità strategiche adeguate ad occuparsi degli affari politici regionali. “Cohen è intelligente, affascinante ed è stato un leggendario motivatore di agenti, ma ha una visuale ristretta e talvolta non osa abbastanza”, ha scritto Ben Caspit, commentatore del quotidiano Mariv. “È esattamente il responsabile dei servizi che voleva Netanyahu: un uomo fedele alla linea dei capi, con un barometro sensibilissimo per misurare lo stato d’animo del premier e non troppo avventuroso”.
 
L’uomo giusto per la strategia “sunnita”
Da consigliere del premier per la Sicurezza, Cohen è riuscito a mantenere buoni rapporti con l’Amministrazione Obama anche nei momenti in cui le relazioni USA-Israele sono state sottoposte a un notevole stress, in particolare dopo il discorso di Netanyahu dinanzi al Congresso USA interpretato da alcuni come un disperato tentativo di affondare il negoziato nucleare con l’Iran. Ovviamente il primo ministro israeliano si augura che il nuovo capo del Mossad continui ad aiutarlo a tessere la rete di relazioni diplomatiche con tutti i Paesi, compresi gli Stati arabi e islamici. In altre parole Netanyahu conta su Cohen per incoraggiare gli Stati sunniti moderati a stringere con Israele legami fondati su una visione comune riguardo al pericolo rappresentato dall’Iran e dall’Isis. “Questa diplomazia segreta è tradizionalmente compito del Mossad”, spiega Yossi Alphr, ex direttore del Joffee Centre for Strategic Studies ed ex agente del Mossad. “Tutti i Paesi musulmani sunniti che ritengono pericolosi tanto i sunniti militanti quanto gli sciiti, sono potenziali alleati di Israele. E questo è chiaramente uno degli obiettivi strategici di Netanyahu nella regione accantonando per il momento la questione palestinese”.