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 2015  dicembre 10 Giovedì calendario

Il giorno che consegnarono il Nobel a Pirandello (raccontato da Camilleri)

Oggi a Stoccolma verrà consegnato il premio Nobel per la letteratura alla scrittrice russa Svetlana Alexievich. Pubblichiamo il racconto di Andrea Camilleri che rievoca la cerimonia per Luigi Piarndello, vincitore nel 1934

Sono quelli i giorni in cui il grande scrittore e drammaturgo confessa alla figlia Lietta di sentirsi molto distante dalle cose di questo mondo. Il suo è un senso di non appartenenza ormai diffuso al punto di considerare il premio una sorta di giubilazione. Sono anche quelli gli anni nei quali Pirandello ha di nuovo preso le distanze dal fascismo, con cui ha sempre avuto un rapporto contraddittorio. Ha chiesto la tessera del partito nel ’24, subito dopo l’assassino di Matteotti generando lo sdegno più che giustificato degli antifascisti. Ma tre anni dopo durante una violenta discussione con il segretario del partito, straccia la tessera, butta per terra il distintivo che portava all’occhiello e se ne va sbattendo la porta.
Ottenute le scuse, nel ’29 viene chiamato a far parte dell’Accademia d’Italia, dove pronuncia un discorso feroce contro D’Annunzio.
Qualche anno dopo rimedia mettendo in scena la Figlia di Jorio del Vate. Infine si allontana di nuovo con dichiarazioni ambigue durante i suoi viaggi all’estero. Solo così può spiegarsi il fatto che l’Accademia non organizza alcun festeggiamento. Anche il governo resta assolutamente indifferente: Mussolini non si fa vivo neanche con un telegramma. Eppure si trattava di un altissimo riconoscimento: Pirandello risultò vincitore di una terna prestigiosa composta, oltre che da lui, da Paul Valery e Gilbert Keith Chesterton. In partenza per Stoccolma alla stazione Termini di Roma ci sono solo i giovani amici scrittori Alvaro, Frateili e Bontempelli. Nessun gerarca fascista è presente.
Nel 2013 l’editore Flammarion ha pubblicato in un volume tutti i discorsi degli insigniti del premio Nobel per la Letteratura letti in occasione della cerimonia di consegna. Manca quello di Pirandello. In realtà va precisato che la consuetudine di pronunciare un discorso è in uso da cinquant’anni a questa parte mentre, in precedenza, ogni laureato era libero di farlo o meno. Pirandello si limita ad un inchino prima di tornare a sedere al proprio posto. Non vi è traccia di alcun discorso. Le cronache dell’epoca riferiscono che, solo in occasione del banchetto serale alla presenza dei reali, Pirandello si alzò per dire qualche parola di ringraziamento.
E qui nasce un piccolo giallo: l’attento e acuto biografo di Pirandello Gaspare Giudice riferisce di un brevissimo discorso pronunciato dallo scrittore durante il consesso degli accademici. Però la consuetudine del “consesso” ricordato da Giudice non viene mai nominata nella storia del Nobel.
Allora di che si tratta? Dato che la cerimonia di consegna viene anche chiamata conferenza dei premiati può darsi che Giudice traduca “conferenza” in “consesso”. Il che verrebbe a significare quindi che Pirandello parlò. In questo caso bisognerebbe chiedersi perché il discorso, sia pure brevissimo, non sia stato pubblicato nel volume edito da Flammarion.
Ad ogni modo le parole riportate da Giudice sono queste: “Sono stato un buon allievo, un buon allievo non alla scuola, ma alla vita; un buon allievo che ha cominciato raccogliendo con un’intera buona fede tutto ciò che apprendeva… L’attenzione continua, l’intima serietà con le quali seguii questo insegnamento, sono testimonianza di un umile e amoroso rispetto, assolutamente necessario per accumulare amare delusioni, esperienze crudeli, ferite terribili e tutti questi errori dell’innocenza che hanno finito per fare di me un essere, com’è giusto che sia un’artista, del tutto inadatto alla vita, e soltanto adatto a pensare e a sentire…”.
Come si vede non si tratta di un breve e generico ringraziamento. È il consuntivo di una vita d’artista. Altro piccolo giallo: Giudice non riporta nel suo libro la fonte della citazione. Si trova forse manoscritta fra le carte conservate nell’appartamento di via Bosio, da tempo trasformato in un centro di studi e di ricerca su Pirandello e il Teatro Contemporaneo?
Il grande drammaturgo non rientra subito a Roma da Stoccolma. Si reca a Praga, accolto con grandi onori per la prima rappresentazione della sua commedia Non si sa come. Quindi prosegue per Parigi dove viene ricevuto in maniera trionfale: Pitoeff rimette in scena per l’occasione la sua famosa edizione dei Sei personaggi in cerca d’autore.
Al rientro in Italia ad accoglierlo alla stazione c’è solo Massimo Bontempelli con la sua compagna Paola Masino, nessun altro. L’indifferenza, se non l’ostilità del fascismo verso il grande autore si è fatta a questo punto troppo ostentata. E così Mussolini decide di correre ai ripari ricevendo Pirandello ai primi di gennaio del ’35. Durante l’incontro il Duce, oltre a congratularsi per il premio, domanderà notizie del suo tour mitteleuropeo. Pirandello coglie al volo l’occasione per chiedere l’istituzione di un teatro nazionale la cui sede stabile potrebbe essere il Teatro Argentina di Roma.
Poi, più o meno esplicitamente, Mussolini gli domanda a che punto sia il suo rapporto con l’attrice Marta Abba. Alla risposta imbarazzata ed evasiva del drammaturgo Mussolini incalza: “Quando si ama una donna non si fanno tante storie, la si butta su un divano”.
Riportando la frase agli amici Pirandello commenta: “È un uomo volgare”. Ciò non toglie che nel ’35, cambierà nuovamente idea, esaltando la guerra in Etiopia e definendo addirittura il dittatore come un poeta.
Il cambio di atteggiamento di Pirandello si spiega semplicemente col fatto che finalmente Mussolini aveva preso il solenne impegno di far sorgere quel teatro nazionale che stava tanto a cuore allo scrittore.
 
P.S.: l’appartamento romano di Luigi Pirandello sito in via Bosio 13/b, che organizza convegni, piccole rappresentazioni e soprattutto contiene manoscritti, lettere e altri documenti inediti vale veramente la pena di essere visitato. Dentro quelle pareti si capisce perché qualcuno definì acutamente Pirandello “un uomo solo”.