Il Messaggero, 10 dicembre 2015
Il razzismo spinge Trump nei sondaggi
Alla ricerca di nuove soluzioni che proteggano la homeland dal terrorismo, il Congresso Usa ha trovato un raro accordo bipartisan intorno alla proposta di inasprire la concessione dei visti. Ad esempio, i cittadini dei 38 Paesi che godono del privilegio del “visa waiver”, cioè della possibiltà di entrare negli Usa senza visto e restarci legalmente per 90 giorni, perderanno questo diritto se avranno visitato Paesi a rischio, come l’Iraq, l’Afghanisan, la Siria. Non vuol dire che questi viaggiatori non potranno venire negli Usa, vuol dire solo che dovranno ottenere un visto, e quindi sottoporsi a dei controlli. La decisione – dettata in buona parte dal fatto che gli attentatori di Parigi avevano passaporti di Paesi inclusi nel programma visa waiver, come il Belgio e la Francia – trova il sostegno anche della Casa Bianca. Molto probabile è anche una revisione dei visti K-1, quelli riservati ai fidanzati, lo stesso cioè concesso a Tashfeen Malik, la jihadista che con il marito Syed Farook ha ucciso 14 persone in California.
Nell’acceso dibattito sul terrorismo il controllo degli ingressi appare come una soluzione moderata, condivisa dalla schiacciante maggioranza. Ma nel sottofondo monta intanto la retorica intollerante di Donald Trump, che snocciola soluzioni xenofobe e anti-islam ai limiti dell’incostituzionale. Dopo aver proposto di cacciare a forza dagli Stati Uniti gli undici milioni di ispanici clandestini, dopo aver insistito che non si devono accettare i profughi siriani, Trump continua a chiedere che si blocchino alle frontiere tutti i musulmani. Il businessman newyorchese candidato alla presidenza oramai da mesi esprime idee estreme e provocatorie, infiorettate di convinzioni narcisiste sulla propria intelligenza e sulla stupidità degli altri. E alcuni sondaggi sembrerebbero premiarlo.
Ieri il Washington Post ha paragonato il “pacchetto Trump” al fascismo mussoliniano. E la Casa Bianca ha insinuato che il suo razzismo lo “squalifica” per la posizione di presidente. Perfino l’Agenzia dei rifugiati dell’Onu si è detta preoccupata della «retorica» in campagna elettorale.
RAZZISMO E MISOGINIA
Ma le critiche sembrano solo eccitare Trump, che oltre al tema del razzismo, continua anche sulla strada della misoginia. Ricordiamo che ha ironizzato grossolanamente sull’aspetto della rivale Carly Fiorina, ha contestato una giornalista insinuando che fosse isterica perché aveva le mestruazioni, e ha varie volte espresso ammirazione inappropriata per la propria stessa figlia («Se non fossi sposato e non fossi suo padre, ci uscirei insieme»). Ieri, irritato per non essere stato scelto come “Persona dell’anno” dalla rivista Time, ha reagito con straordinaria insensibilità verso la vincitrice, Angela Merkel: «Ero il preferito, hanno scelto la persona che sta rovinando la Germania».
CREPE NEL PARTITO
I suoI compagni di partito si precipitano a distanziarsi, accusarlo. Pochi fanno un minimo di esame di coscienza: tutti coloro che si indignano davanti alle sue posizioni estreme contro i clandestini spesso sono colpevoli di non aver voluto votare una legge molto ragionevole sull’immigrazione, che langue da tre anni alla Camera. Quelli che protestano contro la folle idea di non fare entrare i musulmani dimenticano quanto hanno loro stessi giocato con le insinuazioni che Barack Obama fosse un musulmano e quindi non degno di essere presidente degli Usa. Autorevoli analisti sostengono che il partito repubblicano sta raccogliendo con Trump la tempesta che ha preparato quando ha abbandonato le posizioni più centriste per avvicinarsi a quelle estreme del Tea Party. Ma intanto il veleno che il businessman diffonde può creare problemi e inasprire gli animi. Anzi, a dare retta alla sua rivale, Hillary Clinton, «Trump fa solo un piacere ai jihadisti, che vogliono proprio questo: far credere che siamo in guerra con tutto il mondo musulmano, e non solo con una fazione di sanguinari assassini».