Avvenire, 9 dicembre 2015
Il Daesh guadagna 80 milioni di dollari al mese
Il Daesh può contare su entrate mensili per 80 milioni di dollari, in gran parte provenienti da tassazioni e vendite di petrolio e gas, mentre il numero dei foreign fighters (combattenti stranieri) nelle sue file è quasi triplicato negli ultimi 18 mesi. È quanto si afferma nei rapporti di due autorevoli centri studi americani pubblicati ieri, mentre Amnesty International – in un altro rapporto diffuso lunedì – ha sottolineato che il Califfato ha nel suo arsenale armi provenienti da 25 Paesi. «A differenza di al-Qaeda, il Daesh non dipende dal denaro dei donatori stranieri», afferma Columb Strack, della società di analisi Ihs, quotata alla Borsa di New York, sottolineando appunto che l’organizzazione jihadista beneficia ormai di entrate mensili per 80 milioni di dollari. Di queste, il 50% proviene dalle tasse sui servizi e sulle attività commerciali, agricole e industriali – su cui viene imposta un’aliquota secca del 20% – e il 43% dalla vendita di petrolio e gas dei giacimenti sotto il suo controllo in Siria e Iraq. Solo il restante 7% proviene da donazioni o attività criminali come il commercio di droga e antichità.Oltre ad essere ormai economicamente indipendente, l’organizzazione di Abu Bakr al-Baghdadi può contare su un numero di reclute straniere che cresce in misura esponenziale. Il centro studi per la sicurezza Fouran Group, che fornisce consulenze a governi e organizzazioni multinazionali, afferma che è quasi triplicato il numero di foreign fighters arruolatisi nelle file del Daesh in Siria negli ultimi 18 mesi, raggiungendo una cifra tra i 27mila e i 30mila, di cui 5mila provenienti dall’Europa.In uno studio precedente realizzato nel giugno del 2014, quando fu proclamato il Califfato, gli stranieri arruolati dal Daesh risultavano essere 12mila.I Paesi da cui provengono i foreign fighters sono ben 86. In testa c’è la Tunisia, con 6mila reclute, seguita dall’Arabia Saudita con 2.500 e dalla Russia con 2.400. Inoltre, la media di coloro che provengono dall’Occidente e che in seguito decidono di rientrare nei loro Paesi si aggira tra il 20 e il 30 per cento, con i pericoli immaginabili per la sicurezza.