il Giornale, 8 dicembre 2015
Il gatto che visse 38 anni, il cane che morì a 29 e i pappagalli che campano fino ai 60. L’aspettativa di vita degli animali si allunga e non dipende dalla taglia
Jeanne Calment, la persona più longeva nella storia dell’uomo, ha vissuto nel 1800 per oltre 122 e ha ben poco a che fare (forse) con Creme Puff, un gatto texano che, mangiando bacon, panna montata e broccoli è vissuto 38 anni, doppiando la media di vita dei felini domestici. La stessa cosa è riuscito a fare Bluey, cane da pastore australiano, che è morto a 29 anni, duplicando, a sua volta, la media di vita del cane, che è di tre anni inferiore a quella del gatto.Nonostante non siamo ancora riusciti a capire come si fa a rallentare l’orologio della vita e dove è la molla sulla quale intervenire, abbiamo intuito che una regola della natura riguarda la taglia degli animali. Normalmente le taglie giganti sono quelle che vivono più a lungo. Lo aveva già espresso Aristotele che, nel 350 a.C. aveva sospettato l’umidità quale fattore determinante per la lunghezza della vita. «L’elefante sopravvive al topo perché è molto più ricco d’acqua e il suo corpo ci mette più tempo ad asciugarsi». L’osservazione non era proprio corretta, ma neanche peregrina. Ci sono però eccezioni, anche nelle più severe regole che la natura impone. Esistono infatti animali, di piccola taglia, che hanno un’ottima aspettativa di vita, ben superiore a quella di specie più con taglia più pesante. Steve Austad, biogerontologo presso l’università dell’Alabama, era un tempo domatore di leoni. Quando uno di questi felini ha pensato bene di ribellarsi al suo domatore tranciandogli un arto, Austad si è messo a studiare la biologia degli animali, ma a distanza di sicurezza. Ha cominciato dunque a indagare l’affascinante mistero della lunghezza della vita. «Abbiamo creduto per un secolo – dice il biologo – che gli animali di piccola taglia, a causa del loro veloce metabolismo, vivessero meno a lungo. Poi basta pensare ai pappagalli, il cui cuore batte 600 volte al minuto, per ricredersi, visto che possono vivere fino a 60 anni e oltre. Abbiamo invocato il fatto che i piccoli animali creassero maggiori quantità di radicali liberi o che le loro parti corporee crescessero più velocemente. Anche questa teoria, assieme a cento altre, non ha retto».È quasi certo che vi siano diverse componenti a determinare la lunghezza della vita. Elefanti, rinoceronti, balene, tutti i mammiferi giganti vivono a lungo perché non hanno predatori (se non l’uomo), ma come spiegare che l’istrice vive oltre 20 anni, che un piccolo topo sudamericano e un pipistrello brasiliano arrivano a 40, quando topi e criceti «nostrani» vivono non più di due anni? Eccezioni, sì certo, ma perché il gatto vive più del cane? Su questo le idee sembrano più chiare. Prima di tutto il gatto è un animale solitario che si fa i fatti suoi, mentre il cane è un animale sociale e questo implica una maggiore trasmissione di malattie infettive, come capita in natura per i lupo rispetto alla lince. Poi, il cane è dotato di un «armamento» inferiore al gatto. Hai denti robusti, ma il gatto ha anche gli artigli, un senso dell’orientamento nettamente superiore, un’agilità che il cane si sogna e, dulcis in fundo, è stato meno incrociato alla ricerca di razze esotiche. Abbiamo 400 razze di cani (con tutte le malattie che questi incroci comportano) contro solo un centinaio di razze feline.Joao Pedro De Magalhaes, biologo dell’Università di Liverpool, ha scritto su Science: «Può darsi che fra un millennio avremo il cane che vive 300 anni, ma che senso avrà se non potremo altrettanto anche noi, assieme a lui?».