Libero, 8 dicembre 2015
Guardare al Giappone per capire che fra trent’anni saremo un popolo di dementi
«Sono milioni quelli che desiderano l’immortalità, e poi non sanno che fare la domenica pomeriggio se piove». Susan Ertz non poteva immaginare quante sarebbero diventate le domeniche pomeriggio per milioni di persone. L’altra faccia della senescenza delle nostre società, oltre all’aumento delle aspettative di vita e ai problemi previdenziali, è l’allungarsi stesso dell’esistenza, che sta dilatando grazie a Dio gli anni della vita attiva, ma con essi anche le patologie e i problemi della terza e quarta età. Il Giappone è lo specchio in cui vedere buona parte del nostro futuro: con una società stracolma di grinze e povera di culle per eccellenza, il paese ha una curva demografica che allarma le classi dirigenti: 10 milioni di abitanti su 127 milioni totali sono sopra gli 80 anni, oltre un quarto della popolazione (27%) è over 65 e gli over 100 sono 61mila (per l’87% donne). Uno dei principali problemi di corti così anziane si chiama demenza, come spiega un recente e curato approfondimento del portale Quartz.
Le cifre sono impressionanti: uno studio pubblicato sul Japan Times calcolava in 5,2 milioni il totale degli affetti da demenza senile. La cifra è destinata a salire nei prossimi dieci anni fino a toccare il 6% della popolazione totale: nel 2025 un giapponese su 17 sarà demente, in senso tecnico. Oltre che sanitario, il dramma è sociale ed economico. I dementi hanno la tendenza, simile a quella dei bimbi piccoli, a vagare in maniera caotica e incontrollabile. Solo che normalmente i bambini sono sorvegliati dai genitori, gli anziani meno. Nel solo 2014 nel paese si sono registrate 10.783 denunce di parenti che avevano smarrito i loro vecchietti, incamminatisi con l’anima assente e gli occhi bagnati lungo strade senza destinazione. Di centinaia di questi non si è semplicemente più saputo nulla. Alcuni sono stati trovati morti, la maggioranza restituiti alle famiglie in poco tempo. Per questa piaga c’è un costo diretto, dato dalle cure, e molti indiretti tra cui il minor apporto lavorativo di milioni di familiari costretti a lasciare (quasi mezzo milione di casi) o ridurre il proprio impiego per assistere genitori, zii o nonni, e le spese per ricoveri: in totale si parla di 118 miliardi di dollari l’anno (di cui la metà a carico delle famiglie), una cifra pari al 2,5% del Pil.
Se per riequilibrare la piramide demografica non c’è strada diversa da incentivare le nascite, gestire milioni di anziani annebbiati apre a un ventaglio di soluzioni sulle quali il Giappone si sta interrogando da tempo. Il primo obbligo è quello di favorire lo sviluppo di un welfare autogestito, soprattutto tramite un sistema di assicurazioni che permetta ai singoli di costruirsi un percorso previdenziale personalizzato che copra se stessi e la propria famiglia in caso di malattie specificamente connesse alla vecchiaia senza gravare in maniera spropositata sui conti pubblici. Altro capitolo fondamentale è quello legato alla flessibilità sul lavoro: incoraggiare formule che permettano sia di assistere i figli sia di accudire gli anziani senza abbandonare il posto può aiutare a invertire la rotta demografica e ridurre le spese sanitarie per i più longevi. Venendo al caso specifico dei dementi, il governo sta studiando programmi di formazione intensiva per operatori sanitari specializzati nel trattamento di pazienti particolarmente logoranti per chi li assiste: c’è perfino un termine (kaigo jigoku) coniato per definire la sindrome che spesso affligge chi ha a che fare con questi pazienti, giungendo ad atti violenti. Al paese servono 87 mila nuovi infermieri dedicati solo ai malati di demenza di qui ai prossimi due anni. Molto si può fare poi sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione: questo tipo di disturbo accelera in soggetti abbandonati a se stessi, o lasciati in assenza di stimoli relazionali o culturali. Di recente, quattro importanti catene di minimarket hanno stretto un accordo con la prefettura di Osaka per fungere da sentinelle di anziani smarriti. I dipendenti dei supermercati vengono formati per essere in grado di identificare i soggetti a rischio, e fanno partire segnalazioni alle autorità sanitarie se vedono un vecchietto che si aggira tra gli scaffali chiedendo dove ci si arruola per la seconda guerra mondiale. La cosa può, forse, strappare un sorriso. Ma i numeri della demografia del Giappone di oggi saranno quelli dell’Italia del 2050, quando la rottamazione sarà solo un ricordo.