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 2015  dicembre 08 Martedì calendario

Ecco chi vuole lo scalpo della Merkel

Alla cancelleria di Berlino si contano i giorni. Il congresso della Cdu che si terrà tra una settimana a Karlsruhe deciderà le sorti di Angela Merkel. La presa di posizione della cancelliera a favore dell’immigrazione ha diffuso tra i tedeschi la paura di una situazione fuori controllo. I consensi sono precipitati. Merkel è sotto accusa e il suo destino dipende ora dalla decisione di Wolfgang Schäuble, l’unico politico che ha dietro di sé il partito e la maggioranza dei consensi dei tedeschi e che può salvarla oppure sostituirla subito. 
 Ma la risposta morale non è affatto la risposta della maggioranza dei cittadini. In questi giorni Merkel sta evitando dichiarazioni non indispensabili, ha la sensazione di essere circondata, è in una condizione di fragilità per lei del tutto nuova, può fidarsi di poche persone perfino all’interno dell’edificio della cancelleria. Fonti della Cdu non escludono un colpo di mano il 15 dicembre al congresso del partito contro la donna che guida la Cdu da 15 anni e la Germania da 10. Nel corso di una riunione a Berlino tra una cinquantina di parlamentari lunedì scorso circolava l’ipotesi della sostituzione in corsa con Schäuble. Meno probabile è che si vada al voto anticipato nel corso del 2016 e alla candidatura dell’ex braccio destro della cancelliera, poi diventato il suo più netto antagonista, l’enigmatico ministro degli Interni Thomas de Maizière, la cui intrinseca debolezza rappresenta per ora la migliore carta rimasta in mano alla cancelliera. Tutto ruota attorno alla “Obergrenze”, il limite massimo, la parola totem che gli avversari pretendono che Merkel pronunci dopo aver promesso accesso illimitato ai siriani. Una collaboratrice della cancelliera descrive la posizione di Angela Merkel alla vigilia della sfida in una tensione che non ha precedenti: «Facciamo l’ipotesi di fissare un numero massimo di rifugiati che possano immigrare ogni anno, diciamo 500mila, e che questo limite sia raggiunto. Ma il giorno dopo alla frontiera bavarese si presenta una mamma scappata dalla Siria con un bambino malato in braccio. La possiamo respingere? Le diciamo che ha avuto sfortuna perché è la numero 500.001? Quali sono i valori che possono giustificare questa ingiustizia?»
La partita infatti non è tra de Maizière e Merkel, ma tra la cancelliera e Wolfgang Schäuble. Il ministro delle Finanze è irritato per i passi falsi della cancelliera che considera una politica non alla sua altezza. Per la prima volta da dieci anni Schäuble prende sul serio l’idea di diventare egli stesso cancelliere e quadrare un conto che è rimasto aperto fin dai tempi di Helmut Kohl. In questi giorni, fanno notare a Berlino, la sua agenda si è riempita di appuntamenti che non hanno a che fare con il ruolo di ministro delle Finanze, ma che svelano interesse per una responsabilità politica a tutto campo. 
Può sembrare incredibile che nel giro di due mesi la donna più potente d’Europa sia diventata il bersaglio di alcune decine di membri del suo partito quasi sconosciuti. Ma quello che si sta realizzando è un passaggio storico il cui significato potrebbe segnare il destino europeo per decenni. Interessi politici nel partito conservatore, ma non solo, stanno cavalcando il sentimento più devastante per l’opinione pubblica tedesca, quello di una perdita di controllo. Sembra fuori controllo il flusso di immigrati che starebbe snaturando l’essere tedeschi in patria e se ne attribuisce la colpa agli altri Paesi che chiudono o non controllano i confini e alla cancelliera che ha rifiutato di porre limiti agli ingressi. Una sindrome che viaggia tra la xenofobia dei partiti nazionalisti e la comprensibile aspirazione di governare i fenomeni globali anziché farsene travolgere. 
I collaboratori della cancelliera stanno lavorando al testo della relazione introduttiva di Karlsruhe. Si tengono i contatti con gli uomini chiave del partito, tra cui Volker Kauder. Merkel ha anticipato i temi nell’ultimo discorso al Bundestag: la parola chiave “Obergrenze” – lo scalpo che i suoi avversari le chiedono, la smentita della promessa di ingressi illimitati per i siriani – non verrà pronunciata. Merkel non vuole inchinarsi del tutto, ma parlerà di “contingenti” europei, e di rapida espulsione di chi non ha diritto, nonché forse di zone grigie presso i confini dove eseguire i controlli. L’accordo raggiunto con la Turchia dimostra che Merkel è disposta a ogni concessione per uscire dall’impasse.
Ma al partito potrebbe non bastare. La formazione giovanile della Cdu chiede un limite massimo di 250mila rifugiati. La cosiddetta ala economica e la potente associazione delle imprese di famiglia danno voce all’insofferenza della politica locale, già irritata per i salvataggi dei Paesi dell’euro, per l’ipotesi di mettere a disposizione i fondi di garanzia delle banche locali nel calderone europeo e per le politiche di riduzione dei tassi della Bce. Alcuni governatori di Länder, che presiedono gli istituti bancari pubblici, hanno portato la ribellione fino al Bundesrat e ora al Parlamento si tengono riunioni che solo il carisma di Schäuble riesce a mantenere dentro i limiti della sedizione. Ma è proprio il ministro delle Finanze che deciderà se dare o no il colpo di grazia alla cancelliera. 
Non è solo una questione di ambizione personale o di convinzione nella propria superiore capacità. Schäuble ha l’esperienza e la comprensione storica per vedere scenari che agli altri sfuggono. I rapporti con i Paesi dell’Est Europa sono disastrosi. Perfino il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, ha attaccato Merkel, la sua grande elettrice, per aver aperto le porte ai rifugiati. La posizione europea della Germania non è più centrale. Gli alleati un tempo più stretti sono diventati i peggiori nemici. La capacità di comandare in base alla propria forza economica è andata persa ora che gli aiuti ai Paesi dell’euro non vengono più decisi a Berlino ma a Francoforte dalla Banca centrale europea. Le leve del potere europeo sembrano sfuggire di mano. 
Rotti i rapporti con Ungheria e Polonia, Merkel ha considerato l’ipotesi di una mini-Schengen, un accordo di libera circolazione che escluda i Paesi dell’Est, di fatto rialzando il confine della cortina di ferro. Non sarebbe solo una sconfitta politica per la cancelliera di origini polacche e cresciuta oltre il Muro di Berlino. Lo sarebbe per il progetto europeo, di cui Schäuble è rimasto l’ultimo difensore tra i politici tedeschi. Lo sarebbe infine per il senso del riscatto tedesco dalla storia del secolo scorso. L’analisi di un gruppo di esperti, inclusi i servizi di sicurezza tedeschi, riunito a Berlino ha concluso infatti che la chiusura dei confini tedeschi a Est e a Sud creerebbe pressioni incontenibili ai confini di Austria e Italia, nonché un imbottigliamento di centinaia di migliaia di persone nei Balcani che, con la chiusura dei confini in Serbia e Macedonia, finirebbe per creare tensioni militari e forse nuove guerre sul territorio europeo.