il Giornale, 9 dicembre 2015
Le tre sagome che danno un volto alla Gioconda
Se c’è un quadro capace di scatenare le più strane teorie è la Gioconda di Leonardo. In molti hanno cercato di stabilire con certezza chi sia la misteriosa dama rappresentata nel dipinto del maestro di Vinci. Hanno analizzato i vestiti, il volto, lo sfondo (secondo gli studi più accreditati del tutto immaginario). Giusto per rendere l’idea di quanto possa essere vario il dibattito, l’idea più diffusa è che la donna ritratta sia Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, che Leonardo avrebbe iniziato a dipingere a Firenze. Idea che era sostenuta già dal Vasari pochi anni dopo la morte di Leonardo: «Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera è appresso il re di Francia in Fontanableò».
Ma nel tempo le tesi sul quadro si sono moltiplicate. Tanto per citarne qualcuna delle più recenti: una studiosa francese Sophie Herfort ha pubblicato nel 2011 un libro Le Jocond (Il Giocondo). Secondo la Herfort se la Gioconda fosse davvero Lisa Gherardini, la moglie di Francesco del Giocondo, allora perché il dipinto non è mai appartenuto a quest’ultimo? Perché il maestro non si è mai voluto separare dal ritratto portandolo in Francia? Ecco la risposta: a essere ritratto è Salai, alias Gian Giacomo Caprotti, giovane allievo – e amante – di Leonardo che si sarebbe divertito a rappresentarlo vestito da donna, con gli abiti femminili che Salai indossava fra le mura domestiche. Avrà ragione? Non secondo lo storico romano Roberto Zapperi. La Gioconda sarebbe il ritratto idealizzato di Pacifica Brandani, una nobildonna sposata della corte di Urbino, amante dei figlio di Lorenzo de’ Medici, Giuliano, duca di Nemours, a cui diede un figlio illegittimo. All’inizio del ’500 Giuliano de’ Medici, quando era esule a Urbino, intrecciò una relazione con la Brandani, morta poco dopo la nascita del figlio, nel 1511. Giuliano prese il bambino con sé, e commissionò a Leonardo un ritratto di Pacifica. Giuliano però morì prima di poter ritirare il quadro.
Ora però arriva una rivelazione «bomba», un’analisi che potrebbe davvero aiutare gli esperti ad avere le idee più chiare. Già studi radiografici avevano reso noto che sulla tavola di pioppo (la Gioconda non è una tela) c’erano almeno tre versioni del dipinto. Lo scienziato francese Pascal Cotte, fondatore della società di ingegneria elettronica Lumiere Technology di Parigi, ha proiettato sul dipinto originale, che ha esaminato nel 2004, una luce intensa con una tecnica, non invasiva, conosciuta come Layer Amplification Method. Ha poi analizzato con la sua equipe migliaia di immagini multispettrali, archiviato 3 miliardi di punti dati e individuato 155 elementi nascosti sotto la vernice e non visibili a occhio nudo. Il risultato di questo studio si è ora trasformato in un documentario della Bbc The secrets of the Mona Lisa e contemporaneamente in un libro Lumière on the Mona Lisa: Hidden Portraits appena pubblicato. Cotte non si lancia in interpretazioni da critico d’arte ma racconta così quello che ha trovato. «Abbiamo analizzato esattamente cosa c’è tra i vari strati del dipinto, e siamo in grado di ricostruire tutta la cronologia della creazione del quadro» ha spiegato. Ci sarebbe un primo ritratto nascosto sotto la Gioconda che tutti vediamo, che Leonardo da Vinci avrebbe iniziato a dipingere nel 1503; era più grande rispetto alla Monna Lisa, più grande la mano e la manica destra, più grandi e orientate verso il basso le dita della mano sinistra. Poi un secondo ritratto con l’aggiunta di molti dettagli stupefacenti: ampie cancellature del ritratto precedente che sembrano eseguite con la mano destra (Leonardo le usava entrambe), aghi (o spilloni) per sorreggere l’acconciatura dei capelli, elementi decorativi a stella. Le mani sono già impostate, e così la balaustra e il paesaggio, ma subiranno ulteriori trasformazioni. Gli accessori e le gioie sono proprie di un ritratto di dama facoltosa, e in questo caso sembrano corrispondere bene a Lisa Gherardini, il cui marito mercante era molto ricco. Nel terzo ritratto nascosto, lo studio di Cotte rileva come Leonardo abbia cancellato e ridisegnato alcuni contorni, stendendo un nuovo strato di fondo. Spariscono spilloni e perle, cambia la cuffia, l’acconciatura dei capelli sulle spalle è differente da quella della versione precedente e della quarta e finale (visibile oggi). Modificati anche i lineamenti del volto e del naso, ha più volume la veste; la bocca appare molto più piccola, il collo e le spalle diverse dalla versione conclusiva; la camicia con décolleté è differente dall’attuale e così molti dettagli delle maniche...
Ora, al di là delle varie interpretazioni, gli studiosi dovranno prendere atto dei dettagli e capire come interpretarli. C’è già chi contesta l’idea dei quattro ritratti, anche senza contestare i dettagli scoperti. Come Martin Kemp, professore di storia dell’arte ad Oxford: «Non penso che ci siano diversi strati che rappresentano diversi ritratti. Lo vedo piuttosto come un continuo processo di evoluzione e sono assolutamente convinto che la Monna Lisa sia Lisa». Di tutt’altro avviso Andrew Graham-Dixon, volto noto della critica e autore del documentario della Bbc, che parla di «straordinarie rivelazioni». «Non ho dubbi che questa sia una delle storie del secolo», aggiunge, dichiarandosi convinto che «dopo qualche riluttanza» il Louvre sarà alla fine costretto a cambiare il titolo del dipinto. L’italiano Alessandro Vezzosi, direttore del museo ideale di Vinci, vede «rafforzata l’identificazione della Gioconda in Lisa Gherardini per i rapporti, suoi e della sua famiglia, i Del Giocondo, con Giuliano dè Medici e lo stesso Leonardo».
Intanto il Louvre prende tempo. Ha senza problemi autorizzato lo studio di Cotte ma ora precisa che lo scienziato «non fa parte del team scientifico» del museo. Insomma, ammesso che i dati vengano confermati, si continuerà a discuterne a lungo.