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 2015  dicembre 09 Mercoledì calendario

Gli uomini del Califfo non possono allevare piccioni sul tetto di casa

Campi di addestramento anche per bambini, 16 ministeri dalla sanità alle risorse energetiche, leggi assurde come il divieto di allevare piccioni sul tetto e di avere una rete wi-fi privata oltre a prezzi imposti e premi in denaro per gli studenti meritevoli in religione. Questo e altro è lo Stato islamico secondo le linee guida dettate da un documento di 24 pagine preparato fra luglio e ottobre dello scorso anno. Il quotidiano britannico Guardian lo ha pubblicato rendendo noto i contenuti di ulteriori 300 documenti sul Califfato.
Il misterioso Abu Abdullah al Masri, nome di battaglia che vuol dire l’egiziano figlio di Abdullah, è l’estensore del manuale che getta le basi dello Stato islamico. Ventiquattro pagine con una scimitarra nera come carta intestata. Il primo passo è la creazione di una stato sovranazionale, che «spezzi i confini» fra Siria e Iraq.
Il Califfato è diviso in una dozzina di province guidate da un sistema governativo centralizzato a Raqqa e Mosul di 16 ministeri o «dipartimenti». Il primo capitolo sul nuovo «Stato» riguarda la forza militare e la rete dei campi di addestramento dei mujaheddin. I veterani si addestrano a rotazione per 15 giorni in apposite strutture militari. I volontari dall’estero o reclutati fra i locali devono seguire i corsi nei «campi di preparazione», che prevedono anche sessioni sulla sharia, la dura legge del Corano. La terza tipologia è quella dei «campi per bambini», dove le reclute sono «addestrate all’uso di armi leggere».I ministeri dello Stato islamico hanno cominciato a lavorare emanando norme sul codice di abbigliamento per uomini e donne, che proibisce volti scoperti per il gentil sesso e vestiti attilati. Altre assurdità riguardano il divieto del gioco del biliardo o di «allevare piccioni sui tetti». In seguito lo Stato islamico è intervenuto in settori più importanti come l’economia ed il libero mercato calmierando i prezzi dallo zucchero ai formaggi. Nel sistema estremamente burocratico tutto rimane scritto. Un esempio è la ricevuta di 100mila dollari per l’imprenditore Abu Dujana al Libi, che ha asfaltato una parte dell’autostrada dall’Iraq alla Siria lungo il fiume Eufrate «piantando degli alberi ai bordi per non esporre le forze dello Stato islamico» agli attacchi aerei.«Non è molto lontano da un sistema maoista o l’esperienza dei Vietcong in Indocina» ha dichiarato al Guardian, Charlie Winter dell’università della Georgia.Il Califfato ha pianificato la raccolta agricola in stile sovietico, ma si è occupato anche di regolare la sistemazione delle merci nei negozi («non più a terra») e di obbligare chi guida a «portare a bordo un kit per le riparazioni».Particolare attenzione è riservata all’istruzione «fondamento della società islamica, che differenzia i musulmani ed il loro stile di vita dal resto dei miscredenti». Ovviamente bandita la «cultura decadente dell’Occidente», l’obiettivo è forgiare una «nuova generazione islamica» capace di guidare la comunità musulmana «senza aver bisogno di esperti dall’Occidente». Il dipartimento dell’Istruzione stabilisce anche i premi in denaro, di ben 100 dollari, per gli studenti più bravi nello studio dell’Islam.
Nelle 24 pagine sulle fondamenta del Califfato si «nazionalizzano» le risorse energetiche e minerarie come il petrolio e l’oro. I siti e reperti archeologici sono considerati patrimoni da sfruttare e svendere piuttosto che valorizzare.Il Guardian pubblica anche un interessante bilancio mensile della provincia di Deir ez Zor del gennaio scorso, sotto controllo delle bandiere nere in Siria. Le entrate sono di 8,4 milioni di dollari generate per il 23,7% da tasse e 27,7% dalla vendita di petrolio e gas. Le sanzioni per il contrabbando di sigarette e apparecchiature elettroniche oltre alla vendite dei beni «sequestrati ai nemici dello stato», che spesso comprendono pure i cristiani, ammontano al 45% delle entrate mensili. La maggioranza delle spese serve a pagare i salari dei mujhaeddin e mantenere la struttura militare. Solo il 17,7% delle entrate viene utilizzato per i servizi pubblici.
Il decimo e ultimo capitolo del manuale per lo Stato islamico perfetto riguarda i media. Il concetto di libertà di stampa non esiste. La propaganda, più che informazione, deriva da un ufficio centralizzato, il Diwan al-Khilafa, alle dirette dipendenze di Abu Bakr al Baghdadi, che detta la linea in tutte le province del Califfato.