Libero, 9 dicembre 2015
Il tuffo del martin pescatore e quei 720mila scatti che sono serviti Alan McFayden per immortalare l’attimo perfetto
Mentre il mondo dell’arte è diventato un business dove domina la trovata pubblicitaria, è nella fotografia che si sono rifugiate le qualità degli artisti: tecnica, pazienza, sguardo, amore per la natura. Un ex pescatore scozzese, di 46 anni, Alan McFayden, con le sue fotografie al tuffo del martin pescatore – pubblicate sull’Herald Scotland, sono state riprese da siti e giornali in tutto il mondo – minuscolo uccello che vive lungo corsi d’acqua e laghi, che vola dritto come un razzo, inafferrabile (e fortunatamente per lui, dalle carni immangiabili) ci ricorda che l’arte è questo: osservare e catturare quel casuale meccanismo di precisione che è il mondo nei suoi dettagli più segreti. Uno dei segreti è appunto il tuffo del martin pescatore, quando col suo becco a stiletto si immerge a capofitto nello specchio d’acqua, per uscirne col suo pasto: uova di pesci e pesciolini, molluschi e crostacei, insetti acquatici. Dicevamo: pazienza. McFayden ci ha messo 6 anni, 4200 ore di lavoro restando appostato in nascondigli da lui stesso scovati, e 720mila scatti.
«Non ho mai spesso di pensare che, purché stessi facendo quello che mi dava gioia, non importava quanto tempo ci avrei messo. Ma ora guardando alle migliaia di foto che ho fatto, mi rendo conto della mole di lavoro che ho fatto», ha dichiarato all’Herald Scotland. Così un giorno è finalmente riuscito a ottenere la sequenza di foto che cercava: nitide, precise, armoniose, belle: prima la picchiata del martin pescatore, proiettatosi a piombo sulla superficie del lago di Kirkcudbright, poi l’istante esatto in cui la punta del lungo becco tocca l’acqua, che riflette specularmente il corpo dal piumaggio color di lapislazzulo del martin pescatore. E poi, la foto del tuffo vero e proprio, con il capo dell’uccello completamente immerso, il resto del corpo fuori. «Cercavo la foto del tuffo perfetto, impeccabilmente dritto e senza schizzi, e per farla non solo dovevo trovarmi nel posto giusto e avere fortuna negli scatti, ma anche il martin pescatore doveva essere un esemplare perfetto». Il riferimento alla perfezione del “modello” fa un po’ sorridere perché leggendo le vite dei pittori del passato, il tema della bravura del modello è ricorrente – poche cose li rendevano più felici che trovarne uno che sapesse posare con pazienza e naturalezza – anche se nel loro caso magari si trattava del panettiere o della fioraia, non di un uccello che vola in linea retta come un proiettile. Lode alla modestia di McFayden, innata del resto in un ex pescatore scozzese convertitosi alla fotografia naturalistica non per sacra ispirazione, ma con la volontà di rendere un tributo alla memoria del nonno che, quando era un bambino di sei anni, lo portò per la prima volta a vedere i nidi e i tuffi del martin pescatore nella zona lacustre di Kirkcudbright. Così, presa in mano la macchina fotografica, McFayden cominciò il suo nuovo mestiere tornando in quei posti, e proteggendo i cunicoli in cui nidificano i martin pescatori creando delle barriere artificiali, scavando buche lungo le sponde del lago e riempiendole di terra. Non era che l’inizio. Più della metà dei piccoli del martin pescatore morivano per gli allagamenti o perché non riuscivano a imparare a nuotare. Perché anche il martin pescatore, come l’uomo, deve imparare a nuotare, e McFayden, che è diventato per forza di cose anche un ornitologo, sa che il martin pescatore può essere ingannato dalla rifrazione dell’acqua, finendo risucchiato dalle acque all’improvviso. Appostandosi per sei anni, due volte al giorno, scattando ogni volta circa 600 fotografie: è così che McFayden ha trascorso gli ultimi sei anni. Finché è riuscito a fare quelle foto che suo nonno, che l’ha cresciuto come un padre ed è morto nel 1994, avrebbe così amato vedere; e il fatto che non possa più farlo, dice il nipote, è l’unica nota di tristezza nella gioia dell’impresa. Ma chi oggi, nel campo dell’arte o anche della fotografia, agirebbe mai con questa folle fede nel fatto che prima o poi l’attimo perfetto verrà e si riuscirà a coglierlo? Si preferisce più comodamente, quell’attimo eterno, fabbricarlo, pubblicizzarlo, non cogli, ma “inventa l’attimo” è il motto dell’arte contemporanea. Ma c’è ancora chi lo aspetta per sei anni immerso nella natura, e i risultati si vedono. UCCELLO SOLITARIO Il martin pescatore comune o europeo (nome scientifico “Alcedo attui”) è un uccello di piccole dimensioni, lungo fra i 17 ed i 25 centimetri, con un’apertura alare che raggiunge i 26 centimetri e un peso che va dai 26 ai 46 grammi. È un uccello diurno e solitario, che passa la maggior parte del proprio tempo alla ricerca di cibo: esso necessita infatti quotidianamente di una quantità di nutrimento pari al 60% circa del proprio peso corporeo. Per procurarsi il cibo – si nutre soprattutto di piccoli pesci – si posiziona su rami o canne sporgenti sui corsi d’acqua dove vive, che elegge a punti d’osservazione e dai quali si tuffa per catturare le sue prede. È un uccello tendenzialmente piuttosto longevo, che può vivere fino a 21 anni. LA MITOLOGIA Il nome scientifico del genere deriva dal latino “alcedo”, termine utilizzato dagli antichi per descrivere questo animale e derivante a sua volta dal greco “halcyon”, in riferimento al mito di Alcione, la figlia del re dei venti Eolo, che venne trasformata dagli dèi proprio in uno di questi uccelli assieme al marito Ceice dopo che la furia di Zeus aveva provocato la mrte di entrambi. Il nome della specie deriva anch’esso dal latino “atthis”, col significato di Attide, intesa come la bellissima favorita della poetessa Saffo.