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 2015  dicembre 09 Mercoledì calendario

Tolto il segreto di Stato sulle lettere di Proust a Pierre de Polignac, padre di Ranieri di Monaco. L’autore della Recherche era straziato dal fidanzamento dell’amico

Alberto II ha fatto cadere il segreto di Stato che nascondeva la corrispondenza tra l’autore della Recherche e Pierre de Polignac, padre del sovrano Ranieri III «Non ho mai avuto quel naso nero e peloso», scrive Marcel Proust a Pierre de Polignac: «è una creazione dello stampatore». Il famoso ritratto di Jacques Emile Blanche, che ritrae uno squisito Marcel in abito da sera con un fiore all’occhiello, è stato in effetti scherzosamente ritoccato – da Proust stesso, si immagina – con due baffi da mandarino cinese, e una piccola macchia da muso di gatto sul naso. L’immagine accompagna una delle lettere che Proust ha scritto all’amico, diventato Principe di Monaco. Il pettegolo e mondanissimo Abate Mugnier, il confessore del bel mondo parigino, sosteneva che Proust lo avesse inondato di lettere in albergo, a ogni tappa del viaggio di nozze. Il conte Pierre de Polignac aveva fatto, nel 1920, un matrimonio regale. Aveva sposato, infatti, a Monaco Charlotte, la figlia del futuro Louis II di Monaco e di un’attrice, lavandaia nella caserma dove si trovava il principe, tra i cacciatori d’Africa. Louis II l’aveva riconosciuta, titolata come duchessa di Valentinois e legittimata per la successione alla corona; sposandola, Pierre de Polignac aveva dovuto rinunciare al suo nome illustre per assumere quello della consorte, e consentire così alla stirpe dei Grimaldi di non estinguersi. Nel 1923, era nato Ranieri, futuro Ranieri III e marito di Grace Kelly. Le lettere scambiate tra Proust e Pierre de Polignac, considerate “compromettenti”, erano sempre rimaste nella stanza da letto di Ranieri, che le conservava dentro un album porta-foto insieme ad altri ricordi e documenti preziosi e riservati. Ma ora il nipote di Pierre, il principe Alberto II, ha levato il segreto di Stato che copriva le lettere di Proust. Escono, affidate alla cura del grande proustiano Jean-Yves Tadié e a Jean-Marc Quaranta, che hanno decifrato le carte e le hanno annotate. Per vederle riprodotte e leggere i commenti dei due studiosi, bisognerà procurarsi il prossimo numero della rivista Annales monégasques, revue d’histoire de Monaco pubblicata dagli Archivi del Palazzo, che sotto la direzione dello storico Thomas Fouileron conserva i tesori e i segreti della dinastia – comprese le lettere della principessa Grace agli amici di Hollywood. Le lettere di Proust sono quattro, più un telegramma. L’ultima missiva è di venti pagine. Proust invita il principe, il vecchio amico, a scrivere, sembra addirittura offrire possibili consigli: «Alcuni esseri dotati non sanno da soli mettersi in comunicazione con l’arte». Intanto gli chiede la sottoscrizione a un’edizione di lusso di All’ombra delle fanciulle in fiore, nel formato detto, dal 1741, “Grand raisin” (Grande uva): «Mi fareste un grande piacere se poteste interessare una o due persone ricche e liberali a un’edizione di gran lusso». Ma al “raisin in quarto” (32x24 cm) il principe di Monaco risponde inviando uva sultanina; ironia o sdegno? si chiede, sul Figaro, lo scrittore e storico dell’arte Adrien Goetz. Proust è ferito: «Sono tre settimane che vi ho inviato una lettera infinitamente lunga e soprattutto così importante per i vostri libri, e il mio. Non ho ricevuto una parola da voi e mi preoccupa che rispondiate a tanta amicizia con così poca». Proprio nel 1920, Proust decide che nella Recherche la figlia del farsettaio Jupien – che il grande suo innamorato, l’aristocratico barone di Charlus, ha voluto adottare – prenderà il nome di mademoiselle d’Oloron («evitare», annota Proust, «il nome Vermandois, a causa di Pierre de Polignac»: sarebbe un nome troppo simile a Valentinois). Proust scriverà di questa sua attenzione all’amico. Ma mondanamente, scherzerà sull’amico di un tempo, che ora bisogna chiamare Altezza Serenissima. Racconterà per lettera la serata del 13 giugno 1922, nella casa, «una delle più belle di Parigi», di madame Hennessy. Proust vi ascolta e riporta una conversazione: «Oddio, sono due ore che cantano. Ma chi è questa signora che a sua volta vuole cantare?». «È la sorella di sua Altezza Serenissima». «Quale Altezza?». «Pierre». «Ah! in effetti canta canzoni monegasche». Sono lontani i tempi in cui Proust poteva invitare a cena, «vicino al letto, nel piccolo provvisorio appartamento ammobiliato» in cui vive, il primo dell’anno, insieme a due o tre amici, il bellissimo e molto biondo conte Pierre de Polignac. Pierre tornerà da Proust il 4 gennaio: ma a febbraio Proust gli scrive: «Caro amico, il vostro fidanzamento mi ha dato una grande gioia e un profondo strazio. La prima volta che ho avuto della simpatia per voi, stavate per partire per la Cina» (Polignac è diplomatico). «Questa volta, che l’amicizia era ormai grande, partite per sempre. Ma è una tristezza consolata dall’arte perché avevo previsto nel romanzo il vostro matrimonio».