la Repubblica, 9 dicembre 2015
Il successo di Trump sarebbe il successo del terrorismo islamista
La proposta di Donald Trump di vietare l’ingresso dei musulmani negli Stati Uniti è così violentemente antiamericana da far sembrare impossibile che un candidato alla Casa Bianca possa averla pronunciata. Ma Trump l’ha fatta, e per iscritto; dissolvendo il dubbio che la sua approssimativa oratoria e la sua scarsa cultura possano averlo tradito; confermando di essere, come ha scritto Mario Vargas Llosa, un pericoloso imbecille; rafforzando la sensazione che, a livello mondiale, il clima di terrore rischi di mettere a repentaglio i fondamenti stessi della democrazia così come sono stati fin qui concepiti, per esempio negando o minando l’uguaglianza di diritti e di doveri di ogni individuo qualunque sia la sua identità religiosa, etnica, politica. Trump esprime un’idea neo-tribale della società. Nella quale non l’habeas corpus (che fonda in ogni persona fisica e vivente la sede del diritto) ma l’appartenenza al clan (nel suo caso, il vasto e bellicoso clan dei bianchi americani religiosi e reazionari) conferisce dignità umana e costituisce motivo di tutela. In questo senso ogni suo successo politico è direttamente un successo del terrorismo islamista, che in un mondo neotribale troverebbe il territorio ideale per i suoi obiettivi di scontro finale e di apocalisse. La democrazia è il solo sistema antitetico alla Guerra Santa, nonché il solo “metodo” in grado di affrontarla “restando umani”. È nostro preciso dovere ripetercelo finché siamo in tempo: come una preghiera laica, ogni sera prima di addormentarci.