Corriere della Sera, 9 dicembre 2015
L’omicidio stradale, tra libertà di coscienza e morti ammazzati
Sembrava una pura formalità. E invece il ritorno in aula al Senato dell’omicidio stradale – legge attesa da decenni e promessa da Renzi come un salto di civiltà – è gravido di tensione, insidie e interrogativi. I senatori non hanno gradito l’inasprimento alla Camera delle fattispecie incriminatorie e, attorno al testo, si è saldato un asse trasversale che spera di affossarlo. Da una parte c’è il premier, con le associazioni delle vittime. Dall’altra ci sono pezzi di Ncd, Forza Italia e anche tanti «dem», che potrebbero appellarsi alla libertà di coscienza. Il relatore pd Giuseppe Cucca ammette che i 150 emendamenti esprimono «criticità e timori». Ma a rischio di dover imporre la fiducia su un provvedimento che introduce il nuovo reato nel Codice penale e però confina con l’etica, Renzi spinge. Domani Lorenzo Guarnieri avrebbe compiuto 23 anni e il premier vuol mantenere l’impegno preso da sindaco, con Firenze e con la onlus che porta il nome del ragazzo ucciso nel 2010 da un ubriaco sotto effetto di cannabis. «Ora la facciamo passare com’è e poi, semmai, la cambieremo», è il leitmotiv della Boschi. Un mantra rilanciato dalle associazioni, che temono il sabotaggio. «La legge non è perfetta, ma in futuro si potrà migliorare» implora Alberto Pallotti, portavoce dell’Unione italiana sicurezza stradale. Auspicio condivisibile, se non fosse che il ping pong parlamentare non ha giovato al testo: che fine ha fatto l’ergastolo della patente? Una riforma sacrosanta, che dovrebbe nascere dall’accordo corale, rischia di vedere la luce sull’onda dell’emotività e grazie a forzature che nemmeno le associazioni auspicano. C’è da sperare che il governo ascolti gli appelli e proponga le necessarie correzioni. Perché i 3.000 morti all’anno sulle nostre strade (e le loro famiglie) invocano giustizia e sicurezza, non bandiere.