la Repubblica, 9 dicembre 2015
Le novità di Papa Francesco anche nell’apertura della Porta Santa
Ieri Papa Francesco ha inaugurato il Giubileo della Misericordia aprendo la Porta santa nella basilica di San Pietro. Francesco, con piviale e mitria, è entrato per primo. Lo ha seguito Benedetto XVI, con passo incerto. Fin dalla prima apertura della Porta santa nella basilica vaticana, voluta da Alessandro VI (1492-1503) in occasione del Giubileo dell’anno 1500, il maestro delle cerimonie, Giovanni Burcardo (1450-1506), fu rigido su un punto: il Papa avrebbe dovuto essere il primo ad attraversare la Porta santa, e «se qualcuno avesse voluto entrare o uscire prima di Sua Santità» sarebbe stato passibile delle più gravi sanzioni, anche capitali. Essendo la cerimonia una vera e propria novità per la basilica di San Pietro, il cerimoniere dovette discutere a lungo con Papa Borgia – uno dei Papi più controversi della storia – per organizzare la cerimonia. E dovette convincerlo ad essere presente ai lavori dei muratori, «malgrado la polvere e il tempo di attesa necessario»!
La vigilia di Natale, così racconta Burcardo, fu portato sulla sedia gestatoria fino al portico della basilica. Con la mano destra benediva, e nella mano sinistra teneva in mano una candela dorata e «magnificamente decorata». Davanti alla porta, il Papa ricevette «il martello di cui si servono generalmente i muratori», colpendo tre volte «il foro che era stato fatto al centro della porta», facendo cadere dei mattoni per terra; poi aspettò «per almeno mezz’ora», seduto sul trono, che i muratori aprissero la Porta integralmente.
Una Porta santa esisteva già a San Giovanni in Laterano, la cattedrale del Papa. Da un mercante toscano sappiamo che per il Giubileo del 1400, indetto da Bonifacio IX (1389-1404), fu «aperta una porta, qui, a Santo Giovanni Laterano». Ed anche per il Giubileo di Martino V (1423), un cronista di Viterbo, Niccolò della Tuccia, attesta che il Papa «fece l’anno del perdono et fece aprire la Porta santa di San Giovanni Laterano, et fu gran pace per tutta l’Italia et moltissimi oltramontani vennero a Roma». Un altro viterbese, un certo Giovanni Rucellai, ricordò l’avvenimento intorno al 1450.
Ma perché aprire una Porta santa per inaugurare un Giubileo? Il fatto è che la Porta santa o aurea – così la chiama Burcardo, richiamandosi forse alla Porta d’oro di Gerusalemme – è un vero e proprio rito di passaggio di natura spirituale, che deve permettere a chi l’attraversa di ottenere – una volta si diceva «lucrare» – l’indulgenza plenaria concessa dal Papa. La Porta santa del Giubileo si ispira anzitutto al Salmo 101, 19-20, che lega il simbolo di porta al concetto di giustizia, presente sia nel perdono che nella misericordia, così attuale nel Giubileo di Francesco: «Apritemi le porte della giustizia; voglio entrarvi e rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti». Giocò storicamente molto anche il passo del Vangelo di Giovanni (10,9), secondo cui Cristo disse: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo». E per la chiusura della Porta santa ci si servì delle parole del profeta Daniele (6,17): «Poi fu portata una pietra e fu messa sull’apertura della fossa».
Alessandro VI iniziò anche una seconda tradizione, rimasta inalterata per secoli, quella di far battere due medaglie dalla zecca pontificia: nella prima veniva incisa la Porta santa aperta, nella seconda la Porta santa chiusa. Anche la cerimonia ideata da Burcardo e imposta a Papa Borgia non subì modifiche sostanziali, diventò anzi sempre più solenne. Il Papa fu per secoli portato sulla sedia gestatoria sotto un baldacchino bianco, tenendo sempre in mano una candela accesa. Il martello si trasformò in un oggetto prezioso, d’argento con manico d’avorio, e fu dato dai Papi in dono a regnanti. Malgrado il fatto che gli si ruppe il manico fra le mani, Gregorio XIII (1572-1585) lo donò ad Ernesto dei duchi di Baviera, presente alla cerimonia. Anche la cazzuola aveva un manico d’argento. Solenne, la cerimonia serviva a confermare l’autorità del papa. Nel gettare a destra con la cazzuola calce benedetta in mezzo alla soglia della Porta santa, il Papa recitava le parole di Cristo a Pietro: tu es Petrus; poi a sinistra, il seguito: «e su questa pietra edificherò la mia Chiesa».
Nella notte di Natale del 1974, mentre Paolo VI abbatteva una parte della Porta e i muratori completavano l’opera di demolizione, dei calcinacci caddero a pochi centimetri del Papa. Fu forse anche quella paura a suggerire di rimuovere in anticipo il muro della Porta santa nei Giubilei di Giovanni Paolo II (1983, 2000). Ieri il Papa non ha tenuto in mano la cazzuola né si è servito del martelletto dal manico d’argento per colpire per tre volte il muro della Porta santa. E non ha posto come nel passato sui mattoni medaglie e monete del suo pontificato a perenne ricordo dell’avvenimento. Aprendo la Porta santa ne ha spinto soltanto i battenti, non senza una certa forza, ma con quella semplicità naturale che contraddistingue il suo pontificato. E che rende ancora più lontani i riti pontifici dei secoli antichi.