La Stampa, 8 dicembre 2015
La Spagna vota il 20. Avanzano i Ciudadanos, fine del bipolarismo
Il bipolarismo spagnolo ha le ore contate. Domenica 20 la Spagna vota, elezioni natalizie che segneranno la fine del dualismo socialisti-popolari che ha caratterizzato tutta la storia della democrazia, dopo la morte di Franco. Il «regime del ’78», come viene chiamato con sempre meno rispetto, sta cedendo sotto i colpi dei partiti emergenti, Ciudadanos e Podemos. I sondaggi e le elezioni locali degli ultimi mesi parlano chiaro, i due movimenti avranno un risultato importante, e nessuno può ambire alla maggioranza assoluta.
I sondaggi dicono che la vittoria è in mano a Rajoy (29%), il premier uscente che ha trovato nuova linfa dalla sfida indipendentista catalana, dalla minaccia jihadista e da dati macroeconomici non più disastrosi. Per il secondo posto la sfida è apertissima, Ciudadanos insidia i socialisti, secondo l’analisi del Cis (l’Istat spagnolo), il nuovo partito di Albert Rivera starebbe al 19% con il Psoe al 20,6%, più staccato Podemos, che dopo i fasti (virtuali) dell’inverno scorso, si fermerebbe al 9,1%. Un dato, però, preoccupa i partiti tradizionali: gran parte dei tanti indecisi (oltre il 40% del totale) ha come opzione possibile Ciudadanos, il che lascerebbe margini ulteriori di crescita al movimento catalano, diventato nazionale.
Nostalgia del centro
«C’è una strana nostalgia del centro – analizza il politologo dell’Università Carlos III di Madrid, Francisco J. Vanaclocha – ed è una delle chiavi della popolarità di Ciudadanos». Lo ha capito anche Podemos, che pur esprimendo cultura e temi di sinistra, ha moderato il linguaggio e sopito gli eccessi radicali (via il fondatore Juan Carlos Monedero) optando per un volto più rassicurante. Per le elezioni il partito degli indignados ha fatto una campagna acquisti originale: a Saragozza si candida l’ex capo delle forze armate, Julio Rodríguez, alle Canarie un magistrato e a Cadice un poliziotto. Ma la strada aperta da Podemos ora la sta percorrendo soprattutto Ciudadanos.
Albert Rivera, il giovane leader, 36 anni appena compiuti, è bello, è abile in tv, e da catalano ha sfidato gli indipendentisti, acquistando consensi a Barcellona e nel resto di Spagna. I suoi potenziali elettori sono di destra e di sinistra. La parola d’ordine è lotta contro la corruzione, ovvero la partitocrazia. Chi vuole governare dovrà scendere a patti con lui, Rivera lo sa e man mano che il 20 dicembre si avvicina alza l’asticella: «Se arriviamo primi governiamo, altrimenti andiamo all’opposizione». Ma questa è la campagna elettorale, poi il 21 tutti seduti, con uno spettro: «Finiremo come l’Italia, senza essere italiani», ripete l’ex premier socialista Felipe Gonzalez.