La Stampa, 8 dicembre 2015
Tags : Marine Le Pen
Il programma di Marine Le Pen
Sono così lontani gli Anni 80, quando Jean-Marie Le Pen si definiva «il Ronald Reagan francese». Marine ha abbandonato l’ultraliberismo del padre e ha inforcato la strada opposta. La Le Pen è favorevole a un aumento delle tasse all’import e alla «preferenza nazionale» negli appalti pubblici. Grida contro «la dittatura dei mercati». Si avvicina alla sinistra nella difesa del regime delle 35 ore settimanali di lavoro (introdotto dalla gauche). Chiede di abbassare a sessant’anni l’età della pensione. E di aumentare gli stipendi più bassi, in particolare del salario minimo, fissato per legge: 200 euro in più subito, se Marine diventerà presidente.
• «Sono cattolica ma non praticante – ha scritto nella sua autobiografia (“A contre flots”, pubblicata nel 2006) –. Le opzioni religiose non devono passare in primo piano; mi ritengo profondamente laica». Cita di continuo la legge del 1905, che fissa la separazione tra la Chiesa e lo Stato. L’utilizza soprattutto in funzione anti-islam: quando dice «proibirò i segni religiosi nei mezzi di trasporto», pensa al velo musulmano e basta. Questo laicismo debordante non le ha impedito di appoggiare la crociata di alcuni sindaci a favore del presepio natalizio negli uffici pubblici: in nome delle «nostre tradizioni cristiane». Giù le mani dal folklore!
• Lo ha dichiarato a più riprese: «Non sono contraria all’aborto e non lo rimetterò in causa, se diventerò presidente». Ma Marine Le Pen, tanto per tenersi buono il suo elettorato più tradizionalista, critica spesso quello che definisce «l’aborto di conforto», sostitutivo della contraccezione: «Ci sono degli abusi, per questo alcuni medici si rifiutano di farlo». La nipote, Marion Marèchal-Le Pen, è andata oltre, molto oltre: se diventerà presidente del Sud-Est, abolirà subito le sovvenzioni regionali ai consultori familiari, «che banalizzano l’aborto».
• Se, fino a qualche mese fa, la Le Pen ostentava con sprezzo il suo anti-europeismo, adesso ci va molto più cauta. Al Front National ci si rende conto che delle posizioni alla Tsipras prima maniera fanno paura ai francesi, anche se sempre più euroscettici. «Se divento presidente della Francia – ha detto qualche settimana fa -, organizzo un referendum sull’euro, da realizzare dopo sei mesi. Nell’attesa andrò a Bruxelles a spiegare quali sono le nostre esigenze. Farò come la Gran Bretagna. E se l’Unione europea ci renderà la nostra sovranità, dirò ai francesi: restiamo nell’Unione europea». Uscita progressiva dall’euro, sì. Ma non dalla Ue.
• Alle manifestazioni del 2013 contro la legge che ha autorizzato il matrimonio gay, si sono fatti vedere tanti dirigenti del Front National, come la supercattolica Marion Maréchal-Le Pen, nipote di Marine. Ma lei, mai. Era diventato quasi imbarazzante. Alla fine ha dovuto pronunciarsi: «Se sarò eletta presidente, eliminerò quella legge. Ma farò evolvere le unioni civiche, i Pacs, nello stesso senso». Insomma, pieni diritti per gli omosessuali. Quando Sébastien Chenu, già attivista del mondo gay, ha accettato di dirigere la sua campagna elettorale nel Nord, ha detto: «È la prova che nel Front National c’è di tutto: gollisti, omosessuali, colf, operai».