la Repubblica, 8 dicembre 2015
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Rimuovere il crocefisso dai luoghi pubblici
GENTILE Augias, confesso che da lei – attento studioso della vita di Gesù – attendevo una risposta diversa sull’“opportunità” (o meno) del Crocifisso nei luoghi pubblici. A chi può dar fastidio oggi la povera figura di Cristo in croce? Quali “libertà” davvero lede? Come lei ben sa, quell’immagine fu collocata negli edifici pubblici “malgrado”, e distorcendo, lo stesso messaggio evangelico del Messia. Se, infatti, Cristo tornasse sulla Terra sarebbe, sulla base degli insegnamenti dei Vangeli, certamente il primo a toglierla! Ma ora che, in qualche luogo pubblico, è ancora lì perché rimuoverla? Davvero si può credere che la laicità di uno Stato si misuri dalla quantità di crocefissi tolti? Quale laicità lede l’immagine di colui che disse che il suo «Regno non è di questo mondo»? Se il Crocefisso viene erroneamente inteso – lei compreso come mi par di capire –, come “segno territoriale” di una religione di Stato allora si distorce lo stesso messaggio evangelico. Messaggio che non è – per sua natura – “religio civilis” ma invito, per chi voglia “sentirlo”, a manifestare la libertà spirituale della propria anima.
Dott. Massimo Tomasutti – masstom18@alice.it
PER prima cosa ricordo la circostanza, storicamente inoppugnabile, che il segno del crocifisso (del crocifisso, si badi bene, non della croce) venne collocato in alcuni edifici pubblici, a cominciare dalle aule scolastiche, in base all’accordo politico firmato nel 1929 tra due Stati sovrani (Regno d’Italia e Santa Sede) in base al quale il primo riconosceva al secondo che «la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato». Questo riconoscimento, divenuto per numerose ragioni anacronistico, venne abolito dal successivo Concordato tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede firmato nel 1984 e fu una delle non molte concessioni alla laicità dello Stato che l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, riuscì a ottenere. Un coerente atteggiamento avrebbe voluto che dopo quella firma i crocifissi venissero rimossi. Il gentile Massimo Tomasutti sottovaluta il valore simbolico di certi segni quando scrive: «A chi può dar fastidio oggi la povera figura di Cristo in croce?». È un modo sbagliato di porre la questione. Personalmente, pur non essendo cattolico, venero la figura di Gesù. La laicità dello Stato (Articolo 3 della Costituzione) però vuole, anche a prescindere dalla presenza ormai numerosa di musulmani, che gli edifici dello Stato a cominciare dalle scuole, siano neutrali rispetto a una qualunque fede. Anche dal punto di vista della Chiesa la rimozione sarebbe opportuna: quale vantaggio o ispirazione spirituali si pensa di ottenere da quei composti cadaverini logorati da sguardi distratti, divenuti cioè insignificanti, lontanissimi dalla vera, atroce passione d’un uomo torturato e ucciso per le sue idee? Resto dell’opinione che ai crocifissi resti solo la funzione ormai arcaica di connotare un’appartenenza territoriale. Se fossi un autorevole ecclesiastico chiederei che senza chiasso fossero rimossi. Discrezione dettata non dall’ipocrisia ma per evitare esultanze trionfalistiche da parte di fanatici del campo opposto, anch’esse fuori luogo.