Corriere della Sera, 8 dicembre 2015
Il Montenegro nella Nato è un altro dispetto a Putin
Il Montenegro è stato ufficialmente invitato ad aderire alla Nato. Il che ha però provocato una reazione della Russia, che interpreta questo ulteriore allargamento ad Est dell’ombrello atlantico come una provocazione e una minaccia. Trovo questa contrapposizione tra Alleanza e Mosca ormai anacronistica e persino leggermente stucchevole. Invece di instaurare un confronto serio per allearsi contro i nuovi e comuni rischi globali che l’evoluzione della geopolitica sta evidenziando sempre più (leggasi: il dilagare del fanatismo islamista!), gli occidentali continuano a litigare tra di loro. Sarà mai possibile andare oltre vecchi schemi da Guerra fredda e vedere la stessa Russia nella Nato?
Mario Taliani
mtali@tin.it
Caro Taliani,
I l Montenegro ha 600.000 abitanti e un piccolo territorio prevalentemente montuoso. Non credo che abbia una importanza militare. Nella regione gli americani hanno già una base importante a Campo Bondsteel nel Kosovo e possono contare sulla Macedonia, anch’essa candidata alla Nato. L’appartenenza all’Alleanza può interessare ai montenegrini, se il loro obiettivo è quello di consolidare il definitivo distacco dalla Serbia nel 2006. Ma per l’Alleanza Atlantica e la sua organizzazione militare il valore del Montenegro, sotto il profilo strategico, mi sembra molto vicino allo zero.
Resta da capire, quindi, perché a Bruxelles, nel quartiere generale dell’organizzazione, nessuno abbia tenuto conto delle probabili reazioni di Mosca. Il Montenegro è una creatura russa, nata a Berlino nel 1878 quando le grandi potenze si riunirono, sotto la presidenza di Bismarck, per rivedere i rapporti di forza nella penisola balcanica e nel Levante. In quel rimescolio di carte e di frontiere, la terra che i veneziani avevano battezzato Montenegro approfittò della protezione russa per divenire indipendente sotto la guida di un vescovo pastore che aveva preferito sbarazzarsi dei paramenti ecclesiastici per assumere il titolo laico di gospodar. Uno dei suoi discendenti, Nicola, sarebbe divenuto re nel 1905; ma aveva già avuto, nel frattempo, l’accortezza di dare alle figlie, educate nella migliore scuola di Pietroburgo, un nobile marito. Una di esse divenne granduchessa di Russia e un’altra, Elena, regina d’Italia.
Queste vecchie storie non hanno più alcuna importanza. Più importante invece, agli occhi della Russia, è che la Nato, dopo avere presieduto alla disgregazione della Jugoslavia, stia annettendo le sue repubbliche. Le reazioni di Mosca sarebbero probabilmente diverse se gli anni passati dal vertice di Pratica di Mare (dove fu creato nel 2002 il Consiglio Nato-Russia) fossero stati impiegati per trasformare una creazione militare della Guerra fredda in una organizzazione per la sicurezza collettiva dell’intera Europa. Ma è accaduto esattamente il contrario. Invece di rinnovare le sue finalità, la Nato è diventata il braccio militare degli Stati Uniti in alcune delle loro scelte meno felici e si è allargata sino a includere fra i suoi soci gli Stati che appartenevano al patto di Varsavia, tre repubbliche ex-sovietiche, due repubbliche ex jugoslave. Non è tutto. Se le ambizioni si realizzassero, la Nato dovrebbe allargarsi ulteriormente sino a comprendere la Georgia e l’Ucraina. Il caso del Montenegro, in questo contesto, può soltanto alimentare i sospetti e la diffidenza della Russia.