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 2015  dicembre 07 Lunedì calendario

«Renzi? Ha salvato il Giaguaro. Con il Nazareno ha rimesso le macchie a Berlusconi». Parla Pierluigi Bersani

La conosce la risposta data da Berlinguer a un giornalista durante un dibattito?”. Disse: mi auguro di invecchiare mantenendo intatti i miei ideali da ragazzo. “Esatto. Ci penso quando alcuni arrivano per dirmi che mi mollano, e io gli rispondo di stare tranquilli, che gli ho dato un’occasione, non mi devono niente. Perché uno che cambia mille idee è un coglione, nella vita basta restare fedeli a quella principale, altrimenti ti vendi. Eppoi non ci sono più i partiti di una volta, né le correnti”. Lei onorevole Bersani è rimasto fedele alla sua idea? “Sì. Sono ancora qui”. E si sente solo nel Pd? “A volte sì”.
Entrata secondaria di Palazzo Madama, primo piano. Divanetti simili a quelli visti, rivisti, vissuti nel Transatlantico, dove molto si dice, altrettanto si millanta, spesso va in onda lo show della politica. Non qui, qui “c’è più calma, possiamo ragionare, ragionare di sinistra”.
Partiamo da un dato: in questi anni si è confrontato poco con il Fatto. Non oggi.
Sono per parlare poco, ma in certi momenti è inevitabile.
Il Giaguaro-Berlusconi: pensa ancora di averlo smacchiato?
Certo, e si capirà con il tempo. Sa da quando ha perso le macchie? Dal momento in cui non ha più avuto i numeri per le leggi ad personam e Forza Italia ha iniziato a rompersi. Ma al momento del voto la sinistra è arrivata debole.
Nel 2012 non sembravate così deboli, ma certi della vittoria.
Stiamo ancora vivendo una fase aperta con la caduta del Muro e poi di Tangentopoli, dobbiamo ancora chiudere quella stagione che ci sorprese, caso unico in Europa, nella delegittimazione, nel discredito della politica, l’arrivo dell’anti-politica, la successiva personalizzazione e demagogia, con l’impronunciabilità della parola partiti. Paghiamo il tramonto dell’idea di collettivo e la ricerca della persona giusta.
E la sinistra a caccia di un papa straniero.
Abbiamo sbandato e siamo diventati parte del problema, la sinistra ha bisogno di un collettivo, di una credibilità. Sono convinto che il declino dell’Italia è anche nel sistema politico che ogni giorno costringe a raccontare quello che non c’è, a cercare il salvatore della patria.
Perenne illusione ottica.
Il Pd ha strizzato l’occhio, scambiando per cura, con quello che era un pezzo della malattia. Quando hai in mano uno statuto che ti suggerisce, in qualche modo impone, che il capo del governo sia anche il capo del partito, c’è qualcosa che non torna. Quando dicevo: sono moderatamente bersaniano non era una battuta. Voleva dire: ragazzi, i leader sono pro-tempore, c’è bisogno di un collettivo.
Per molti non c’è più distinzione tra sinistra e destra.
Vuole le differenze? Sanità, sicurezza, istruzione e inquinamento. Ripeto: dal lato del partito bisogna costruire un collettivo, dal lato del governo è necessario un riformismo radicale, unica ricetta contro populismo e demagogia.
Renzi lo fa, almeno così propaganda.
Ascolti bene… (si ferma, cambia tono) tutto quello che dico non ha Renzi sullo sfondo, non è che tutte le volte che apro bocca devo…
Però lei…
Allora cambiamo la domanda: Renzi sta rappresentando un riformismo radicale?.
Si dia la risposta
È: no. E le offro qualche esempio: il riformismo radicale è un cambiamento che non si annuncia, si attua. La credibilità del governo dipende dalla sorpresina, devi operare con la gente che dice ‘non me lo aspettavo’, devi toccare la vita delle persone. Riformismo radicale è quando ci sono i soprusi e hai la risposta.
Lei ha detto: “dobbiamo creare una classe politica”, eppure avete distrutto la filiera, avevate un vivaio unico, a partire dalle sezioni.
Molto è stato smantellato, qualche seme resta, come il dato di chiamarci partito. Ma niente nostalgia, proibito scrivere la parola, piuttosto la percezione di una mancanza
A lei cosa manca?
Discutere i problemi, tutti assieme. Di scegliere.
Da quando non si discute?
Da quando governiamo. È la prima volta del Pd al governo, prima c’era una coalizione, e penso all’epoca di Prodi. Allora sì che ci confrontavamo.
Qualcuno potrebbe dire “anche troppo”.
Però il Pd nasce da lì, da quei momenti, quando improvvisamente e inaspettatamente gente che veniva come me da un’esperienza di sinistra e di governo, e altri di una cultura liberal cattolica, andavano d’accordo, in sintonia totale. Fu una rivoluzione. Poi è successo quello che è successo…
In quel periodo era vicino a D’Alema, e lui non amava Prodi.
C’era un disagio tra i due, soprattutto riguardo al progetto politico, però sono sicuro che riassumere quella vicenda come complotto di D’Alema non sia giusto. Quando Bertinotti causò la prima crisi, dovevamo andare al voto, avremmo vinto, ma Scalfaro non avrebbe concesso le elezioni.
Dopo la caduta di Berlusconi molti chiedevano le urne. Pentito?
No, eravamo a un passo dal baratro. L’errore non l’ho commesso lì, ma quando Berlusconi ha staccato la spina al governo Monti: dovevamo andare al voto, forse c’è stato un antico riflesso sul concetto di responsabilità.
Cosa la fermò realmente?
Dentro il Pd ero di fronte, tutti i giorni, a un esame del sangue per capire lo stato del mio montismo. L’agenda Monti era entrata in casa nostra, non avrei mai avuto la possibilità se non con uno strappo. Quel ritardo è stata la ragione principale per far recuperare i 5 Stelle. Ma in quel governo qualcosa abbiamo realizzato, come il primo smacchiamento del Giaguaro.
Il Giaguaro negli ultimi due anni è stato decisivo.
Non ce n’era bisogno, ed è sorprendente. Il patto del Nazzareno non era indispensabile, lo hanno resuscitato, gli hanno rimesso le macchioline.
Perché?
Si è pensato che ci fosse un vuoto d’aria a destra, ed essere amichevoli verso quel posto poteva portare voti.
Sempre in buona fede…
Calcoli politici, recuperare a destra, con l’idea “tanto quelli di sinistra dove vuoi che vadano”. E le Europee gli hanno dato ragione.
Se lo aspettava?
Sì, grazie a un piccolo sondaggio: una famiglia di amici del paese, di destra da sempre, mi disse: “votiamo Renzi”. Siete diventati di sinistra o Renzi è di destra? “La seconda…” Lì ho capito.
Se ripensa al celebre streaming con i 5 Stelle?
Lo rivendico. Di loro ho sempre pensato che non fossero una bolla. E vedo un’evoluzione positiva in due versanti: si pongono il problema di creare un collettivo e hanno tolto il nome dal simbolo. E in molti studiano.
Una critica?
Questa roba che non c’è né destra né sinistra. Eppure quando parlano di reddito minimo, una posizione la prendono.
Per lei sono più di destra o di sinistra?
La sinistra è un fiore di campo prima o poi passa qualcuno e lo prende su, possono essere mani sbagliate o inesperte, o finte. Spero che lo colga un riformismo di governo con un’idea sociale.