Il Messaggero, 7 dicembre 2015
Il mostro di Loch Ness non esiste. Nessie fu una trovata degli albergatori scozzesi e di un pubblicitario per far fronte al crollo del turismo
Centocinquanta sterline, una somma considerevole all’epoca, soprattutto in periodo di crisi economica. Questa la cifra pagata da un gruppo di albergatori scozzesi a un esperto inglese di pubbliche relazioni per inventare la leggenda del misteriosa creatura presente nel lago di Loch Ness. Lo sostiene con ampio corredo di prove Gareth Williams, docente di medicina e storico della scienza all’università di Bristol, nel saggio “A Monstrous Commotion” appena uscito nel Regno Unito (Orion, 400 pagine, 20 sterline). L’incontro decisivo per mettere a punto il piano avvenne in un pub di Londra nei pressi di Trafalgar Square. I proprietari degli hotel erano costretti a far fronte a un crollo delle presenze turistiche nelle Highlands e uno di loro si era messo in contatto con Digby George Gerahty, narratore e pubblicitario di modesta fama dotato comunque di una grande fantasia.
Fu lui a inventare la “selvaggia bestia”, ispirandosi a una leggenda canadese dove si parlava di un enorme pesce nascosto in uno specchio d’acqua. In seguito Gerahty raccontò la storia in un romanzo intitolato “Marise” – ampiamente citato da Williams che lo ha scoperto in una libreria antiquaria, firmato con uno pseudonimo – ma poco dopo il meeting nella capitale prese a far circolare la falsa notizia sulla stampa.
IN PRIMA PAGINA
Un lungo articolo apparve sull’Inverness Courier nella primavera del 1933 e vi si riferiva che i coniugi MacKay – per un singolare caso proprietari di un albergo – avevano visto emergere dall’acqua del lago due strane gobbe. Nel 1934 Robert Kenneth Williams, con l’ausilio dell’amico Maurice Chambers, scattò una celebre immagine che uscì in prima pagina sullo Scottish Daily Record e fu subito riproposta da tutti i quotidiani britannici. Soltanto sessant’anni più tardi si scoprì che si trattava di un falso: la foto ritraeva un modellino creato aggiungendo a un sottomarino giocattolo una testa e una coda.
Chiamando in causa i dettagli resi noti in “Marise”, mai in precedenza collegato al caso, Williams spiega come il cervello umano venga spesso suggestionato da fenomeni ritenuti credibili (dischi volanti o cerchi nel grano, ad esempio) e aggiunge che l’obiettivo di rianimare il turismo scozzese venne in fretta raggiunto perché decine di migliaia di persone si recavano nelle Highlands sperando di poter vedere “Nessie”, soprannome che la stampa diede al mostro. Molti affermavano di averlo potuto osservare. Ecco cosa dichiarò al Times la signora Marjory Moir nell’autunno del 1936: «Piovigginava leggermente, il lago era grigio, il colore della creatura era grigio scuro in contrasto netto con lo sfondo più chiaro dell’acqua. Il mostro era immobile in superficie, la sua lunghezza di circa dieci metri. Era difficile valutare la distanza esatta che ci separava ma era abbastanza vicino perché fosse possibile vederlo distintamente. C’erano tre gobbe, la più grande nel mezzo e la più piccola dietro il collo, che era lungo e snello. La testa era piccola. Immergeva spesso la testa nell’acqua come per mangiare o forse per divertirsi».
IL GIRO D’AFFARI
Lo studioso afferma che il lago di Loch Ness fu scelto perché alcune leggende risalenti al quinto e al sesto secolo avevano parlato della creatura. Il primo avvistamento del mostro viene fatto da alcuni risalire al 665: il monaco irlandese Adamnano di Iona riferisce nella sua Vita Sancti Columbae il funerale di un abitante delle coste del fiume Ness, emissario del Loch Ness Loch, assalito e ucciso da una “selvaggia bestia marina”, uscita strisciando dalle acque, che San Columba scacciò con le preghiere. Il racconto del monaco fu ripreso più volte sino al medioevo per poi sparire dalla mitologia popolare sino a quando il fantasioso Digby George Gerahty non la utilizzò a beneficio degli albergatori scozzesi. Che trassero poi nel corso dei decenni enormi benefici economici dal flusso dei visitatori con un giro d’affari stimato in trenta milioni di sterline ogni anno nella seconda metà del secolo scorso.
Ora il mito di “Nessie” sembra aver perso fascino e il numero dei turisti in visita pare in netta diminuzione. Ma i media continuano ad interessarsi alla storia: nuovi presunti avvistamenti risalgono al 2009 e nel 2014 è apparsa in rete un’immagine satellitare in cui appare quella che sembra essere una grande creatura appena sotto la superficie dell’acqua di Loch Ness, presumibilmente lunga trenta metri. Nonostante alcuni abbiano sostenuto che si trattasse del celebre mostro era probabilmente solo l’effetto ottico prodotto dalla scia di una barca. Adesso il saggio di Gareth Williams svela la genesi truffaldina di una leggenda che ha a lungo appassionato i britannici.