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 2015  dicembre 07 Lunedì calendario

Il calcio finito in mano ai videoanalisti

Stavolta il primo della classe è un milanese di 27 anni, laureato in economia, ma provvisto anche del patentino di allenatore di calcio e creatore di un avviato sito internet di tattica calcistica. Simone Contran capeggia la graduatoria dei 29 nuovi videoanalisti, promossi a Coverciano alla fine della quarta edizione del corso che li ha accreditati come iscritti a un albo sempre più nutrito. I tre vincitori delle edizioni precedenti hanno trovato spazio: Alarico Rossi, studente universitario ventinovenne, è diventato analista del Livorno dopo il corso. Il marchigiano Simone Arceci, 28 anni, allenatore giovanile dilettante, lavora come analista al Fano, dopo 4 stagioni al Rimini. E l’ex calciatore veneto Marco Scarpa è tra gli osservatori della Nazionale A.
Nel calcio italiano in crisi i videoanalisti trovano lavoro. Quelli certificati dal corso di Coverciano – organizzato da Sics, l’azienda di Bassano del Grappa specializzata nell’informatica applicata al calcio – alimentano un albo che ne conta già 125. Per ottenere il diploma, sono arrivati candidati perfino dall’Iran, dalla Finlandia, dal Brasile e da Cipro, che ha smosso l’analista della Nazionale Micheal Andreas. Nell’ultima nidiata non mancano i nomi famosi: da Gianmarco Pioli, figlio dell’allenatore della Lazio, agli ex calciatori di serie A Caniato e Storgato. Tra i predecessori spiccano Riccardo Scirea, figlio del compianto fuoriclasse della Nazionale e della Juventus, altri tre ex della A che facevano già parte dello staff tecnico di un club, come Mandelli, Riccio e Beruatto, l’ex calciatrice e commentatrice Rai Katia Serra, lo storico vice di Galeone e Guidolin, Maurizio Trombetta. Tra i docenti, oltre a due tecnici della Figc (il vicecoordinatore delle Nazionali giovanili Viscidi e il match analyst della Nazionale A Gagliardi), il professore d’eccezione è stato Luciano Spalletti. La sua lezione è la conferma dello sdoganamento di una figura – il videoanalista, appunto – ormai sempre più importante nel calcio moderno, tanto che in parecchie squadre di serie A e B fa parte a pieno titolo dello staff tecnico.
L’analisi al video della partita, lo studio degli avversari e l’elaborazione delle statistiche e dei dati sono nati nello sport professionistico statunitense, prima di approdare al calcio anglosassone, terreno privilegiato per la match analysis: in Premier League ci sono club che stanziano 500 mila euro l’anno per questo settore. L’Italia ha tardato un po’ a recepire il fenomeno, ma poi lo ha assimilato con convinzione, anche se con budget più ridotti. La cultura tattica – decisamente superiore rispetto agli altri paesi – ha fatto il resto, inducendo anche i mister teoricamente più “antichi” per ragioni anagrafiche a introdurre tra i collaboratori stretti almeno un videoanalista, se non addirittura un pool. Così accade, ad esempio, alla Juventus, dove il settore è curato proprio da Riccardo Scirea e da Domenico Vernamonte, altro diplomato della prima edizione del corso di Coverciano. L’Inter di Mancini ha addirittura portato sul campo, negli allenamenti quotidiani, il pioniere della videoanalisi italiana: Adriano Bacconi ne fu l’antesignano con la sua Digital Soccer e fece parte integrante della spedizione azzurra di Lippi al Mondiale 2006. Alla Pinetina lavora un team, col capo analista Michele Salzarulo e due collaboratori, Igor Quaia e Luciano Vulcano. A Milanello è noto il ruolo strategico attribuito da Mihajlovic a Emilio Di Leo, che partendo da Cava dei Tirreni conquistò la fiducia di Mancini al Manchester City e che al Mi- lan ha portato con sé i concittadini Renato Baldi e Davide Lamberti. Di Sarri, che ha trasferito a Napoli le metodologie perfezionate a Empoli, si conosce la maniacale attenzione per lo studio tattico. E a Trigoria Garcia ha riconosciuto l’importanza del lavoro di un altro protagonista della gloriosa avventura azzurra del 2006: Simone Beccaccioli, giovane collaboratore di Bacconi in Germania, che da Ranieri in poi è entrato nello staff tecnico della Roma. A teorizzare l’importanza del video, d’altronde, è stato Conte stesso. L’attuale ct nel 2006 la mise nero su bianco nella sua tesi di laurea al master di allenatore a Coverciano sull’uso didattico del video. «Reputo molto didattico fare rivedere la gara appena giocata, gli errori commessi e tutto ciò che è migliorabile attraverso gli allenamenti. Il video rappresenta una certezza. Alcuni calciatori fanno fatica ad accettare la critica: davanti all’immagine dell’errore non possono trovare scuse». Nove anni dopo, nel calcio italiano c’è davvero un nuovo mestiere.