la Repubblica, 7 dicembre 2015
Sono 12 le ragazze contagiate dal trentenne romano sieropositivo
Il bilancio definitivo potrà essere stilato solo al termine di questa settimana. Eppure il modo esponenziale con cui sta salendo il numero delle donne contagiate da Valentino T., l’impiegato romano di 31 anni che ha infettato le sue ex partner con il virus dell’Hiv, è diventato così preoccupante che gli inquirenti stanno valutando se allargare gli accertamenti clinici ai compagni delle potenziali nuove vittime che in questi giorni si sono presentate in procura. Al momento il numero delle vittime è salito a dodici. Alle denunce delle sei donne che hanno permesso alla procura di Roma di inchiodare l’uomo alle sue responsabilità, e di chiederne la misura cautelare, se ne sono aggiunte altre sei dopo la pubblicazione della notizia. E se il virus fosse stato veicolato involontariamente dalle stesse donne ai propri partner, creando un effetto domino, i test di laboratorio, se positivi, potrebbero rafforzare ancora di più l’ipotesi accusatoria iniziale del pm Francesco Scavo, di lesioni volontarie gravissime.
Un’accusa «minimale e pressoché inattaccabile», l’ha definita il gip Alessandro Arturi nell’ordinanza di arresto, sebbene «in rapporto ad elementi fattuali che potrebbero far propendere per scenari motivazionali ben più inquietanti, meritevoli di futuri approfondimenti». Detto in altri termini, è lo stesso gip a lasciare intendere che scavando più a fondo potrebbe venire a galla una vera e propria inclinazione al contagio di Valentino. E di questo gli inquirenti e gli investigatori, diretti dal vice questore della polizia Anna Galdieri, ne sono consapevoli. Ciò che è più difficile, invece, è dimostrare la piena consapevolezza dell’uomo, che si è sempre giustificato con la scusa della semplice «leggerezza».
Le condotte di cui è accusato l’untore, di certo, sono desolanti: Valentino sa di essere sieropositivo almeno dal 2006 e durante questi nove anni, fino al 2014, ha intrattenuto relazioni e rapporti sessuali non protetti con decine di donne, mentendo sul suo stato di salute. «Non tollero il profilattico», oppure, «così è più appagante» diceva alle sue partner, molte delle quali agganciate in rete, nelle chat di incontri. Quando, però, è stato scoperto da una di loro, nel luglio dello scorso anno, ha mentito spudoratamente, formando addirittura un falso certificato medico dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma per potersi scagionare ai suoi occhi: «Non reattivo all’esame Hiv», c’era scritto sopra. Poi ha inviato l’immagine via sms alla ragazza ma lei non si era fidata e aveva fatto comunque il test, scoprendo ciò che non avrebbe mai voluto sapere. Dopo quest’episodio la voce si era sparsa. A gennaio scorso altre due ex, contagiate, accompagnate da tre amiche, erano andate sotto casa dell’uomo per chiedergli il perché. Per quale motivo aveva fatto l’amore con loro senza protezioni, sebbene sapesse di essere malato. E lui era stato solo capace di «biascicare pretestuose giustificazioni» mantenendo «un contegno passivo».
È da quel momento che hanno preso il via le indagine, durate dieci mesi. E fino a pochi giorni fa gli inquirenti erano convinti che l’ultima vittima dell’uomo risalisse allo scorso anno. Le ragazze ascoltate in procura in questi giorni hanno portato alla luce un’altra drammatica realtà. Altre sei sono state contagiate. Alcune hanno avuto una relazione con l’uomo solo un paio di mesi fa. Altre ancora, che hanno telefonato allarmate, dovranno essere ascoltate. Ma il timore che la lista delle potenziali vittime salga, ora, diventa più concreto.