Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 07 Lunedì calendario

Dentro al Movimento. Ecco come cambiano i 5 Stelle

Le discussioni accese in Emilia-Romagna, il caos livornese che ha travolto la giunta di Filippo Nogarin risvegliando lo spettro delle espulsioni (ieri è intervenuto pure Luigi Di Maio per difendere i sindaci del Movimento), la strettoia del voto a Roma, ma anche i sondaggi che li danno in continua ascesa: i Cinque Stelle vivono un autunno caldo. Che sta ridisegnando i rapporti di forza interni. La parola correnti mette i brividi ai pentastellati, ma è un dato di fatto che – a due anni e mezzo dal suo sbarco in Parlamento – il Movimento, per usare l’espressione di Beppe Grillo, è «diventato adulto». E ha acquisito col tempo una sua fisionomia. Perché strutturarsi significa mettere in soffitta (nella gestione dei ruoli) l’«uno vale uno» del 2013 e dar vita, gioco forza, a una galassia in continuo mutamento. 
Il vertice 
Certo, ovviamente, i vertici sono ancora Grillo e Gianroberto Casaleggio, sempre più connotati come garanti e strateghi, ma impossibilitati a tenere personalmente le fila di un apparato che vanta ormai 1.600 eletti tra enti e istituzioni. Ecco allora il direttorio, il «riferimento più ampio del M5S in particolare sul territorio e in Parlamento», come lo ha etichettato il blog. La guida carismatica è il «Casaleggio senza i capelli» (copyright Beppe Grillo): Di Maio, diventato – nonostante qualche invidia interna al gruppo parlamentare – il candidato naturale dei Cinque Stelle alle prossime Politiche. 
La prima linea
A fare da supporto, oltre al poker di deputati del direttorio, una ristretta cerchia di fedelissimi, una dozzina in tutto, un nucleo (forse l’unico in grado di dialogare direttamente con Grillo e Casaleggio) in cui spiccano i responsabili della Comunicazione, Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi, insieme a volti storici come Roberta Lombardi o Vito Crimi o a ultraortodossi come Barbara Lezzi e Danilo Toninelli. Da qui si propaga una struttura che somiglia molto a dei cerchi concentrici, un universo di «gironi» pentastellati, che va da chi ha più incidenza nella vita parlamentare a chi figura (quasi) da comparsa. Nulla di inamovibile, scale in cui si sale o si scende. 
Le regioni
La struttura parlamentare è replicata come singole cellule anche a livello regionale. Ci sono nuclei, con figure-chiave – Nicola Morra in Calabria, Max Bugani in Emilia-Romagna, Davide Bono in Piemonte, Riccardo Fraccaro in Trentino-Alto Adige – su cui si appoggiano gli attivisti locali perché, spiegano i Cinque Stelle, «è naturale fare riferimento a un parlamentare o a un eletto di peso per dare maggiore incidenza alle nostre iniziative». Non sempre, però, le realtà locali sono lineari. Anzi. A Roma, c’è di fatto un triumvirato con Lombardi, Alessandro Di Battista e Paola Taverna. In Campania i fari sono puntati su Roberto Fico (specie a Napoli, la sua città) e Di Maio (che ha uno sguardo d’insieme sulla Regione). In Sardegna, al contrario, nonostante l’impegno di alcuni parlamentari, c’è un vuoto. Ma sui territori, come accaduto a Montecitorio e a Palazzo Madama, ci sono spesso correnti che si scontrano, linee di pensiero che divergono. E in alcuni casi anche tentativi di cambiare gli equilibri attuali. 
I moderati 
D’altronde, non è un mistero che i pentastellati abbiano dato vita in questi anni a scontri anche violenti tra diversi gruppi, creando faglie che a volte stentano a chiudersi anche dopo anni. Caso lampante è il lungo scisma tra moderati e ortodossi in Emilia- Romagna, sfociato nella contrapposizione forte di due modi contrapposti di concepire il Movimento. Uno scisma la cui eredità è ricaduta sulle spalle dei pizzarottiani. La pattuglia guidata dal sindaco di Parma rivendica una maggiore autonomia di azione all’interno del Movimento oltre all’idea di un dialogo costante sui temi, suggerendone la discussione in un meet-up nazionale. Attorno a Federico Pizzarotti, qualche eletto (come la senatrice Elisa Bulgarelli o l’eurodeputato Marco Affronte), alcuni amministratori Cinque Stelle e una compagine legata alla regione. 
I seguaci di Di Maio 
Tra i Cinque Stelle, però, si sta anche affermando una linea di pensiero trasversale che va oltre le suddivisioni territoriali, quella dei «pragmatici», che si pone sulla scia di Di Maio nell’interpretare le esigenze e il futuro del Movimento. Si va dal consigliere regionale siciliano Giancarlo Cancelleri, al lombardo Stefano Buffagni e al veneto Jacopo Berti. Li accomuna una visione più progettuale delle iniziative, unita a una certa dose di flessibilità, mirate a risultati più «concreti». 
Molte anime che, tuttavia, fino ad ora hanno dato vita a una collettività che – stando ai sondaggi – coagula consensi. «Chiedere cos’è il Movimento è come chiedere cosa sia il jazz o il buddismo— argomentava Grillo a settembre —. Non si può spiegare, ne devi fare parte».