Corriere della Sera, 7 dicembre 2015
Come Marine Le Pen ha conquistato la Francia
Le capita spesso, ormai. Marine Le Pen sale trionfante sulla tribuna, mezz’ora dopo la chiusura ufficiale del voto, per ringraziare i militanti che esultano e per commentare l’ennesimo «risultato storico» del suo partito. Qui nel Nord, a Hénin-Beaumont, a mezz’ora d’auto dal Belgio e a un’ora dai rifugiati di Calais, la leader del Front National parla di un «risultato magnifico che accogliamo con umiltà, gravità e un senso profondo di responsabilità» [sulle elezioni francesi leggi il Fatto del giorno di oggi]
I suoi sostenitori cantano per tutta la sera, a squarciagola, la «Marsigliese». Non è l’inno dolente intonato a bassa voce nelle passate settimane dai parigini, raccolti davanti ai luoghi degli attentati. È un canto rabbioso, liberatorio, un aux armes citoyens gridato da gente che per decenni ha vissuto ai margini della politica, e non sente più addosso lo sguardo di compatimento della maggioranza. Perché il FN, stasera, è la maggioranza.
Nella regione Nord-Pas de Calais-Picardie, governata per trent’anni dalla sinistra, Marine Le Pen arriva in testa al primo turno sfiorando il 42% e doppiando il candidato socialista. È un trionfo personale, previsto in parte dai sondaggi, ma amplificato dal risultato eccezionale del partito in tutto il Paese. «La Francia risolleva la testa. Il movimento nazionale è il primo partito di Francia – proclama tra le grida dei militanti —. Il Front National è il solo fronte davvero repubblicano».
L’altro «fronte repubblicano» al quale Marine Le Pen fa riferimento è quello formato dal centrodestra e dal centrosinistra, che a lungo sono riusciti a tenere i lepenisti lontani dal potere alleandosi al secondo turno delle elezioni locali. Una manovra che stavolta potrebbe essere più difficile del solito, tale è la dimensione del successo del FN.
Marine Le Pen proclama che il suo fronte, l’unico «davvero repubblicano», «è anche il solo che potrà riconquistare i territori perduti della Repubblica, da Calais dove noi arriviamo al 50% dei voti, alle nostre banlieue». Qui evoca un libro, «I territori perduti della Repubblica», scritto nel 2002 da un gruppo di insegnanti della scuola pubblica e da allora citato mille volte da intellettuali e polemisti come Alain Finkielkraut o Éric Zemmour, per denunciare la rinuncia dello Stato a fare valere le sue leggi di fronte agli immigrati. La base culturale profonda sulla quale si è costruito questo risultato.
Il Nord-Pas de Calais-Picardie è una delle regioni più in crisi di Francia, un milione di cittadini su un totale di sei vive sotto la soglia della povertà, la disoccupazione è al 12,5% eppure nel discorso di Marine Le Pen non c’è traccia dei temi economici, del lavoro: l’uscita dalla zona euro non è neanche lontanamente evocata, non è questo il punto. Quel che conta è l’«identità francese», la difesa «del nostro modo di vivere e delle nostre tradizioni» di fronte all’Islam.
Alla fine Marine Le Pen evoca i valori fondanti della sua Francia: «Liberté, Égalité, Fraternité, Laïcité». Ce n’è uno in più, la laicità, brandita contro la minaccia dei musulmani che non distinguono tra religione e politica.
Poco lontano ci sono i 4.500 rifugiati della «giungla» di Calais. Marine Le Pen promette di occuparsene appena sarà presidente (della regione, per adesso).