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 2015  dicembre 06 Domenica calendario

Come sopravvivere ai logorroici



Senza quasi che il mondo se ne accorgesse, si è sparso ovunque un morbo. È una malattia che dilaga ormai ovunque, una pandemia a cui pochi resistono: la logorrea. Tutti parlano, soprattutto se hanno poco da dire, e parlano tanto. Troppo. Sempre. Salvarsi è impossibile. Breve antologia dei logorroici. “Non puoi sapere cosa mi sia successo”. Quando ti parlano, cominciano spesso così: “Non puoi sapere cosa mia successo”. E già cominciano male: è ovvio che non sai cosa gli sia successo, altrimenti non te lo racconterebbe.
Certo, ci sarebbe anche una variabile da calcolare, ovvero che magari all’interlocutore non è che interessi poi granché di quello che sta ascoltando. È però una variabile che il logorroico non contempla neanche. Altrimenti non sarebbe logorroico.
“Ciao, come sto?”. È la tipologia di logorroico che comincia il dialogo chiedendo qualcosa di te, ma solo per alimentare sull’interlocutore l’illusione che gli interessi non solo la sua vita. Ma pure la tua. La domanda iniziale è solo un pretesto: un mero pretesto. Per esempio. Il logorroico ti chiede: “A casa tutto bene?”. Tu sei lì che rispondi, o almeno ci provi, e hai pure voglia di sfogarti perché è un brutto periodo, ma il logorroico ti ha già interrotto: “Ah guardi, lei è fortunato, niente in confronto a quello che mi è successo ieri”. E a quel punto, considerato che gli avevi appena detto che un meteorite ti aveva polverizzato la casa, immagini che a lui sia accaduto di tutto: un attentato, un cataclisma. Poi lui prosegue. E te lo dice: “Non ci crederà: a Tullio è caduto un dentino. Non mi ha fatto dormire tutta la notte”. E lì ci rimani un po’ male. Soprattutto quando scopri che Tullio è il nuovo criceto fucsia del logorroico.
“E quindi, alla fine, succede che io”. Tipologia dei logorroici che, per raccontarti un fatto normalissimo, impiega tre ore. Tu vorresti dirgli “sì sì, ho capito”, perché sai benissimo dove andrà a parare (e poi ti sta raccontando che a pranzo la pasta era scotta, mica la trama dei Karamazov). Niente: lui/lei dovrà terminare l’appassionante narrazione della pasta. Scotta.
“No, niente. Volevo dire che”. Ogni loro racconto interminabile parte così: “No, niente”. Ecco: ma se è “No, niente”, perché diavolo me lo racconti?
“Ai miei tempi mica succedeva”. Il logorroico allude sempre ai suoi tempi, reputandoli migliori del presente. È un aspetto a cui tiene molto. La cosa curiosa è che magari il logorroico ha 16 anni, e non si capisce a quali “suoi tempi” alluda, però lo dice con un tale trasporto che alla fine gli credi.
“Sai che mi ha lasciato?”. Il logorroico ha una vita sentimentale sfigatissima. Chissà come e chissà perché, è sempre stato lasciato da qualcuno. E te lo deve raccontare. Con prolusione inaudita di particolari. Tu, ascoltandoli, pensi che magari è stato lasciato/a perché una logorrea così neanche Furio di Verdone, ma dirglielo pare brutto.
“Non ci crederà mai”. Tutto è iperbolico nel mondo dei logorroici. Se trovano la fila alla posta, è accaduto solo a loro: “Non ci crederà mai”. Tu in realtà ci credi, ma questo è proprio irrilevante.
“Non so se hai capito”. Tipico intercalare del logorroico, che è sempre intimamente convinto che l’interlocutore davanti a lui sia un po’ ebete. Esempio: “E quindi a cena abbiamo fatto la bistecca, non so se hai capito”. Tu vorresti rispondergli che hai capito benissimo, anche perché stiamo parlando di una bistecca e non della teoria di Lacan, ma tanto lui non ti ascolta mica.
“Questa me l’ha già detta”. Il logorroico è spesso ripetitivo. Conduce quasi sempre una vita normalissima, a cui suole aggiungere un’enfasi del tutto fuori luogo. E questo lo porta a ripetersi spesso. A raccontare gli stessi aneddoti. Guai però a farglielo notare, perché il logorroico è permaloso. Permalosissimo. Così lo ascolti, per la millesima volta. Con lo stesso entusiasmo che avresti se ti avessero condannato a eseguire una detartrasi a Ferrara.
“Ha visto quello che è successo?”. È l’incipit con cui il logorroico affronta la cronaca. “Ha visto quel che è successo a Parigi?”; “Ha visto quello sciunami (sarebbe “tsunami”, ma il logorroico segue regole tutte sue) nelle Filippine?”. È irrilevante che tu abbia “visto” o no: in entrambi i casi, il logorroico te lo racconterà. A modo molto suo, peraltro.
“Ti rendi conto?”. Altro intercalare assai frequente. “E quindi lui ha ordinato un caffè. Ti rendi conto?”. Tu ti rendi conto benissimo, e non ti sembra strano per nulla. Non solo: non te ne frega proprio niente. Però bisogna rendersi conto.
“Ce l’ho più lungo di te”. Il logorroico ha un’idea competitiva di comunicazione. Se gli dici che hai la febbre, lui ti dice che è in coma (però vigile: infatti ti parla). Lui ce l’ha più lungo, sempre più lungo di te.
“È successo anche a me”. È il logorroico-specchio. Ti è successa la cosa più assurda del mondo? Anche a lui. Ma proprio uguale. “Sai che mi sono salvato da un incidente aereo aggrappandomi in caduta a una liana di rododendro della tundra?”. E lui: “Accidenti, è successo anche a me ieri! Ed era proprio un rododendro della tundra, l’ho riconosciuto mentre cadevo perché l’avevo visto sul National Geographic mentre facevo Pilates!”.
“Ti dico: una cosa incredibile!”. È il logorroico ultra-iperbolico. Tutto è incredibile, nonché eccezionale. “Ti dico: una cosa incredibile!”. Sì, ma per esempio? “Non ho trovato neanche il parcheggio”. Una cosa davvero incredibile: James Cameron ci costruirà senz’altro il suo nuovo kolossal fantascientifico.