il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2015
Anche Mattarella ha il dono della parola
Ma allora Sergio Mattarella è vivo! E, senza offesa, parla! Oddio, “vivo” e “parla” si fa per dire. Per non suscitare soverchie illusioni e traumi improvvisi tra quanti ormai si sono assuefatti alla sua totale afasia/afonia, anzi alla sua natura di pianta grassa poggiata su un davanzale del Colle a scopo ornamentale, il presidente della Repubblica ha scelto una forma di comunicazione tutta sua. Ha autorizzato il quotidiano la Repubblica a pubblicare tra virgolette alcune sue frasi apocrife dedicate alle 29 votazioni a vuoto per i tre seggi vacanti alla Corte costituzionale. Frasi che non si sa bene quando e a chi abbia pronunciato, anzi non si sa proprio se le abbia davvero pronunciate. Le formule sono fumose, eteree, gassose: “nei colloqui avuti questi giorni al Quirinale non ha nascosto…”, “ha avuto l’occasione di scambiare qualche opinione…”, “a ognuno ha chiarito con fermezza il suo giudizio…”, “ripete nei suoi incontri informali…”. C’erano una volta i moniti di Sua Maestà Giorgio I e II, che muoveva distintamente la bocca emettendo suoni precisi e perentorii, di solito a sproposito. Poi c’erano i comunicati, con tanto di firma. Poi venivano le “fonti del Quirinale”, che poi erano il suo ufficio stampa. Infine, di tanto in tanto, Egli esternava per bocca di misteriosi “ambienti del Quirinale”, diffondendo la bizzarra sensazione che un salone delle feste, una camera da letto o lo sgabuzzino delle scope si mettessero improvvisamente a sproloquiare. Ora con Mattarella si passa alla comunicazione medianica, alla seduta spiritica.
Sul tavolino a tre gambe, attorno a cui sedevano il capo dello Stato e altre misteriose entità, il piattino s’è mosso con vibrazioni ondulatorie e sussultorie e una voce fuori campo, cavernosa e remota, come dall’Aldilà, ha scandito alcuni concetti che il cronista traduce così: “In questa situazione, nella fase che stiamo vivendo, bisognerebbe fare uno sforzo…”. Lì alcuni astanti han pensato a un usciere stitico intercettato in una toilette del Quirinale. Senonché la voce ha soggiunto “servirebbe un colpo di reni del Parlamento”, dissipando su due piedi l’imbarazzante equivoco. Era chiaro che, chiunque fosse a parlare, lo faceva in nome e per conto del Presidente, sia pur doppiato in playback. Egli, risultava da frasi successive sempre più smozzicate e inintellegibili, è “preoccupato”, anzi “amareggiato”, e “segue con apprensione il susseguirsi ininterrotto di flop” sulla Consulta orba di tre giudici su 15.
Ma anche con “dispiacere”. E auspica “uno sforzo comune per superare i veti”, ovviamente “incrociati”, perché “ognuno procede per conto proprio”. E, attenti perché questa è davvero forte, “alla fine succede quello che sta succedendo”. Si potrebbe aggiungere che la situazione è quella che è, che non ci sono più le mezze stagioni, che la servitù non è più quella di una volta, signora mia che tempi, però Parigi è sempre Parigi e naturalmente Sanremo è Sanremo. Siccome poi la Consulta si divide in tre componenti (5 giudici eletti dal Colle, 5 dal Parlamento e 5 dalle supreme magistrature), la voce fuori campo fa notare: “Sono tre arti e, se ne manca uno, interviene una sorta di mutilazione… Un vulnus inferto alla Consulta”. Chiunque sia lo spirito chiacchierone, gliele ha cantate chiare. Ma non si sa bene a chi. Manca il destinatario della sacra rampogna, o forse il nome non si sente bene.
Chi potrà mai avere interesse a nominare tre giudici costituzionali di stretta obbedienza, per far approvare tutte le leggi incostituzionali, dall’Italicum alla riforma del Senato, tanto care a Renzi e far bocciare quelle perfettamente costituzionali, come la Severino, tanto invisa a De Luca e dunque a Renzi? Forse Renzi? Ah saperlo. Mattarella avrebbe il dovere costituzionale di intervenire, anche sciogliendo le Camere (peraltro squalificate dalla sentenza da lui stesso firmata che cancella l’Italicum con cui esse furono elette). Ma – traduce Repubblica – “il capo dello Stato si tiene volutamente fuori dalla selezione dei nomi in corso”. Anche perché la selezione pretende di seguitare a farla il premier Renzi, senz’averne alcun titolo esclusivo: la Costituzione richiede la maggioranza dei due terzi, dunque l’assenso di almeno metà opposizione. E la prima forza di opposizione si chiama Movimento 5Stelle, che però Renzi non vuole coinvolgere perché esso pretende financo di eleggere dei giuristi indipendenti ergo apartitici, mentre Renzi li vuole dipendenti e partitici, à la carte.
Pare che la voce, prima di risprofondare nell’Oltretomba, abbia esalato che “s’impone una condivisione ampia che superi la logica delle aree di riferimento”, ma purtroppo non ha precisato con chi ce l’aveva. Dunque ciascuno degli astanti ha guardato il vicino e gli ha fatto “tiè, ciapa lì”, accennando rispettosamente al gesto dell’ombrello. E così la seduta spiritica ha aggiunto stallo a stallo. Non si esclude, naturalmente, che con opportuni esercizi di logopedia, il presidente Mattarella trovi improvvisamente il dono della parola e decida inopinatamente di far uso della favella, dicendo a Renzi di piantarla e di dare un’occhiata alla Costituzione; oppure, in alternativa o in assenza di risultati, sciogliendo finalmente le Camere. Ma al momento si tratta di bieche insinuazioni. Anche il ficus, di tanto in tanto, ha bisogno di un goccio d’acqua per riprendere vita e vigore. E Palazzo Chigi ha fatto sequestrare tutti gli annaffiatoi.