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 2015  dicembre 06 Domenica calendario

Alfano fa sapere che Roma è sicura

Ministro, si continua a parlare dei rischi per la nostra sicurezza. Posto che non può prevedere il futuro, secondo lei quanto rischia l’Italia?
«La minaccia è seria e grave, il rischio zero non esiste, fermo rimanendo che il nostro sistema di prevenzione ha fin qui funzionato. La prevenzione serve a diminuire il coefficiente di rischio, non ad azzerarlo».
Tra due giorni comincia il Giubileo. Come vive questa attesa chi si occupa della sicurezza della città?
«Le ultime ore sono sempre decisive, è stato così anche per l’Expo. Noi stiamo puntando anche sulla bonifica delle aree interessate, sui controlli dei luoghi di aggregazione. Disponiamo di 1250 militari, oltre 700 inviati specificamente per il Giubileo e altri 300 in arrivo. Inoltre, con l’innalzamento a due del livello di allerta, a Roma possono operare anche i reparti speciali. Tutto questo ci consente di mettere sotto osservazione, per esempio, le fermate della metropolitana, le scuole straniere e i luoghi in cui affluiscono i pellegrini. Abbiamo eliminato anche oggetti poco sicuri, come i cestini in ghisa e 16 cantieri sono ormai in via di completamento».
In Francia sono state approvate leggi in materia di sicurezza che danno ampi poteri alla Polizia, c’è chi ha parlato di leggi speciali. Lei cosa ne pensa?
«Noi siamo in una situazione più avanzata. Per motivi storici, legati alla mafia e al terrorismo interno abbiamo un serie norme dettagliate. A inizio 2015 abbiamo approvato anche un nuovo pacchetto antiterrorismo. Le tre norme alle quali ero più affezionato sono state già utilizzate più volte: la prima dà la possibilità di arrestare gli aspiranti combattenti, mentre prima non era punibile chi andava a combattere all’estero e non metteva in pericolo l’Italia. La seconda norma è quella che prevede l’oscuramento dei siti che incitano all’odio razziale o al terrorismo. La terza, applicata proprio in questi giorni, è una misura di prevenzione personale già usata contro la mafia».
In Francia hanno deciso di attribuire poteri di coprifuoco alle prefetture, l’Italia potrebbe ipotizzare un modello analogo?
«Noi abbiamo un modello più centralizzato, in cui è il ministro dell’interno a rappresentare l’autorità nazionale di pubblica sicurezza. È questo il modello di controllo del territorio che vogliamo confermare e mi sembra un segnale coerente il rinvio della chiusura di 23 prefetture, inizialmente programmata per la spending review».
Come si fa a conciliare le necessità della sicurezza con la scelta di risparmiare su tutte le spese?
«Noi abbiamo sempre risolto il dubbio mettendo la sicurezza tra le priorità. Da quando sono ministro ho sempre ottenuto risorse maggiori anno per anno. Quest’anno la decisione è stata più netta: un miliardo sulla sicurezza nazionale. E sul personale il mio obiettivo è allargare ulteriormente l’impegno».
Come?
«Ho intenzione di allargare il bonus degli 80 euro anche ai vigili del fuoco perché i loro 2000 interventi al giorno e la funzione di soccorso pubblico li fanno entrare a pieno titolo tra i meritevoli di questa misura».
Se ci dovesse essere un’aggressione al Giubileo c’è un piano d’emergenza?
«Ci sono piani precisi. Le nostre forze dell’ordine hanno già fatto simulazioni, ad alcune ho partecipato anch’io. Credo che siamo pronti».
E gli italiani lo sono altrettanto? In Francia sono stati distribuiti volantini con consigli pratici...
«In caso di emergenza daremo tutte le istruzioni. Abbiamo il compito di stare all’erta, ma senza cambiare il nostro stile di vita. Il Giubileo è un momento di accoglienza».
In alcuni casi di sicurezza nazionale, la decisione ultima sul da farsi spetterà a lei?
«Ci sono casi in cui a decidere è il questore, altri in cui spetta al capo della Polizia e altri ancora in cui sarò io a decidere».
Come la vive? Com’è pensare”se succede qualcosa, l’ultimo a decidere cosa fare sarò io”?
«Nessuno sceglie il momento in cui fa le cose. Ho l’onore di fare il ministro dell’interno nel momento del più grande spostamento di profughi dopo la seconda guerra mondiale e di grandi tensioni sul piano della sicurezza».
Riesce ad addormentarsi?
«Bisogna imparare a convivere con le responsabilità che si hanno, altrimenti meglio non assumerne. Ovviamente, hai sempre la sensazione che potresti fare qualcosa di più e cerchi continuamente di farlo. La buona coscienza ce l’hai, quando vai a dormire, quando sai che hai fatto tutto il possibile e anche qualcosa in più».
Le intercettazioni preventive, di polizia, vengono usate?
«Non ne posso parlare nel dettaglio, ma posso dire che le usiamo e che sono efficaci».
Si dice che la Francia non voglia condividere i dati di intelligence che raccoglie e che questo stia rappresentando un problema.
«La cooperazione c’è, anche se è chiaro che quando si tratta di dati di intelligence è fisiologico che i singoli stati vogliano proteggere i dati di cui dispongono. Io credo però che non si debba rimanere prigionieri dell’illusione ottica: cedere notizie non vuol dire perderle, il totale fa molto di più di quanto si custodisce».
È vero che i francesi non avevano lavorato abbastanza sulle informazioni degli 007?
«La Francia sta svolgendo un difficile lavoro di indagine dopo una situazione drammatica».
Dieci giorni fa sono stati rilasciati dieci di venti arrestati in una complicata indagine antiterrorismo. A inizio settimana il Kosovo ha preso un presunto terrorista per il quale era stata respinta una richiesta di arresto. C’è una differenza di vedute tra polizia e magistrati sul pericolo che affronta l’Italia?
«Non voglio rompere l’unità della squadra Italia in questo momento. Ognuno fa la sua parte e se ne assume le responsabilità».
L’Italia aveva proposto un Comitato di analisi strategica europeo, analogo a quello italiano. Ma gli altri sembrano resistere...
«Abbiamo realizzato una rete tra 14 paesi, spingiamo per avere un vero Comitato di analisi strategica europeo, perché il”Casa” ha il sufficiente grado di informalità, derivante dalla consuetudine delle riunioni, che permette di scambiarsi sensazioni sugli scenari, oltre che informazioni e analisi. Questo comitato a 14 è già un esperimento fruttuoso».
La redistribuzione dei profughi è partita, ma i tempi sono più lunghi di quanto avessimo preventivato.
«Ho insistito per rendere più flessibile la selezione dei migranti da riallocare. La relocation non è un modo per selezionare i preferiti, ma un sistema di accoglienza europeo. All’ultima riunione ho spinto perché nell’ambito delle nazionalità da riallocare venissero inseriti anche gli afghani che arrivano numerosi ai nostri confini orientali. Speriamo di convincere i partner europei».