la Repubblica, 6 dicembre 2015
Come Pavoletti s’è rovinato la media. I cattivi pensieri di Gianni Mura
Attenzione ad attenzionare: non solo è uno dei più repellenti verbi in circolazione, ma può provocare allergie e turbe. Spiegazione: domenica scorsa avevo trattato coi guanti Pavoletti: due 7,5 e un 8 non si beccano tutti i giorni. Erano dovuti all’assenza di tatuaggi, a una frase di grande umiltà e al possesso, a Livorno, di un maiale vietnamita di nome Mou. Quasi presentissi (come i maiali i terremoti) un contrappeso alle sviolinate, avevo aggiunto: “Voce dal fondo: avrà pure un difetto questo Pavoletti o no? Ne avrà, come tutti. Al momento non pervenuti. Lo attenzioneremo”. Attesa breve, poche ore, e un difetto salta fuori. Genoa-Carpi, dopo 5’ Pavoletti tira una gomitata a Gagliolo e giustamente l’arbitro lo butta fuori. Il Carpi vince a Marassi. E io a Pavoletti assegno un 3. Come le giornate di squalifica che si guadagna. A questo punto, sarebbe anche pronto per un paio di tatuaggetti, ma non voglio infierire. Preferisco i voti: a tre giorni di distanza (che sono tanti, voto 5) su Facebook il giocatore chiede scusa ai “veri TIFOSI GENOANI!!” e ai suoi compagni. A Gasperini, niente. Perché? (4). A Gagliolo, niente. Perché? (4). L’ultimo voto (3) è per abuso retorico di maiuscole nonché per l’impiego (tre volte) di due punti esclamativi e (due volte) dei tre puntini di sospensione. Media voti: 3,8. Lo so, sono troppo buono. Infatti ribadisco che Pavoletti può essere un’alternativa a Pellé, se impara a tenere i gomiti a posto. E comunque chi ne esce meglio è il maiale Mou. Non tutti sanno che ai maiali piace giocare a calcio. Hanno qualche difficoltà con la rabona, l’elevazione è quel che è e difficilmente segnano di testa. Quelli che giocano duro non possono evidentemente essere definiti scarponi, ma zamponi. Tutti sentono le coppe come cosa loro, in largo anticipo sul calcio.
FUORI dalla coppa (del Re) il Real. Non è un gioco di parole ma un’esclusione a termine di regolamento per avere schierato contro il Cadice un giocatore (Cheryshev) che doveva scontare un turno di squalifica. Partita vinta 3-1, ricorso Cadice presentato, Real fuori. Si sente spesso dire che i soldi non fanno la felicità. Mi stupisce non l’abbia ancora detto, con quell’aria da fratacchione appenninico, il ministro Poletti, peraltro impegnato a demolire il concetto di orario di lavoro. Il futuro appartiene più ai cottimisti che agli ottimisti. I soldi non fanno la felicità, ma neanche un minimo d’efficienza. Il Real, numeri presi dal Giornale, ha un fatturato di 578 milioni: 171 derivanti da partite, 183 dal commerciale, 216 dai diritti tv, 8 da altro non specificato. Ma l’irresistibile comicità della vicenda l’ha raccontata Repubblica venerdì. Emilio Rosanes vive in Galizia, è un arbitro di serie C appassionato di statistiche e comunicati disciplinari, tifa Real. Dopo aver letto il nome di Cheryshev tra i convocati, lo collega a una squalifica presa dal russo quando giocava nel Villarreal e mai scontata. Si mette in moto, chiama il numero verde del Real e non risponde mai nessuno (un classico). Allora spedisce un fax, senza risultato. Allora, contatta la radio Cadena Cope che lancia la notizia, ma ormai la partita è cominciata, Cheryshev ha segnato (sarà sostituito nell’intervallo) e i tifosi del Cadice intonano “Rafa, guarda Twitter”. Povero Benitez, povero Real. Si fa per dire, in entrambi i casi. Spesso si criticano i presidenti del pallone, così mi chiedo: possibile che quel pasticcione di Florentino Perez non abbia radici italiane?
ITALIANO è senza dubbio il look di Matteo Renzi, che attira l’attenzione del Corsera. “L’orlo giovane mette il calzino in vista”. Una volta nelle redazioni invitavano a cercare i risvolti, adesso ci si ferma agli orli. In effetti, la prima impressione è che Renzi indossi i calzoni di qualcun altro, rimediati in extremis. Vai a sapere, i suoi si saranno lacerati sull’auto blu, o li avrà macchiati con una merendina. A ben guardare, confrontando l’abbigliamento con quello del presidente filippino Benigno Aquino III, anche le maniche della giacca renziana appaiono un po’ corte e i polsini della camicia più esposti del normale, ma sempre più tollerabili dei calzini e delle scarpe. E l’espressione di Renzi, che assorto guarda nel vuoto, è quella di chi sta pregando che non gli salti un bottone della camicia e non è certissimo della situazione della zip. Penso che Renzi sia salito di peso e centimetri, ma in omaggio alla spending review indossi vecchi abiti. Voce dal fondo: “Un politico va giudicato non per i calzini ma per le idee”. Quali idee? Ma a me interessa che Renzi stia sereno, non si senta incalzato, e cerco una colonna sonora calzante. Eccola: “Il paradiso dei calzini”, del grande Vinicio Capossela. In chiusura, segnalo un gioco di parole che prende spunto da un tormentone dei fratelli De Rege. Il lettore A.P., milanese e milanista, dopo aver visto a San Siro la squadra calabrese, ha commentato ammirato: vieni avanti, Crotone. In A, possibilmente.