la Repubblica, 6 dicembre 2015
Ritrovato il San José, il galeone pieno di oro e gioielli, affondato nel 1708, di cui parla anche García Márquez
CARACAS. Erano le sette e mezza di sera dell’8 giugno 1708. Il cielo era nero, il mare mosso e una pioggia leggera scivolava sui settanta cannoni a forma di delfino del galeone San José che, al comando dell’ammiraglio José Fernandez de Santillan, si avvicinava al porto di Cartagena de Indias con uno dei più grandi tesori che, dalle colonie americane, avrebbe dovuto arricchire, raggiungendo prima L’Avana e poi Cadice, nella lontana penisola iberica, la corte di re Felipe V (Filippo V). Nelle stive del San José c’erano almeno 11 milioni di monete d’oro, c’era argento, c’erano spezie, gioielli e pietre preziose, per un valore che oggi gli archeologi calcolano oltre i cinque miliardi di dollari. Tra equipaggio e passeggeri c’erano circa 600 persone e, nessuno, osservando quel pomeriggio i lampi nel cielo, immaginava il disastro che da lì a poco li avrebbe colpiti. Davanti alla Penisola di Barù li attendeva sornione il commodoro Charles Wager che, con il vascello Expedition e altre navi della flotta inglese, dava la caccia all’oro sottratto dagli spagnoli al Perù. La battaglia navale fu violentissima. Si narra che il galeone spagnolo esplose inabissandosi ad una profondità fra i 200 e i 300 metri, e lasciando dietro di sé la leggenda di uno dei più straordinari tesori sommersi lungo la barriera corallina della Colombia.
Della favolosa fortuna del San José, che ora il governo colombiano afferma di aver localizzato «senza ombra di dubbio», parla Gabriel García Márquez nel suo romanzo
L’amore ai tempi del colera. Gettarsi nelle acque, rischiando la sua vita, alla ricerca dei gioielli, è la promessa che, in una delle sue innumerevoli e inascoltate lettere, fa il protagonista della storia, Florentino Ariza, all’amata Fermina Daza per dimostrarle l’assolutezza dei suoi sentimenti.
Fra mito, leggenda, favola e realtà, la vicenda del San José è molto nota in Colombia e García Márquez vi fece ricorso per aggiungere verosimiglianza ai passaggi del romanzo nel quale racconta la storia d’amore dei suoi genitori all’inizio del ‘900, ambientata proprio fra i palazzi del vecchio centro coloniale di Cartagena.
Il ritrovamento è avvenuto il 27 novembre scorso ed è stato annunciato personalmente dal presidente colombiano Santos. Il presidente ha precisato che il relitto è stato localizzato in una zona mai esplorata prima da una nave della Marina militare, il Malpedo, a bordo della quale c’era una missione oceanografica guidata dal direttore dell’Istituto di antropologia e storia Ernesto Montenegro. Santos ha aggiunto che la localizzazione «è un affare di Stato» e non sarà possibile avere altri dettagli perché la Colombia manterrà il segreto fino a quando non verranno trovati i fondi per una operazione di recupero. Bogotà ha anche la collaborazione di altri Paesi, come la Norvegia, per partecipare all’impresa. La certezza che si tratti del San José, secondo il professor Montenegro, è data dal fatto che i cannoni del galeone avvistato «sono a forma di delfino».
Il mistero del San José e del suo immenso tesoro non ha alimentato soltanto favole e romanzi in Colombia: è stato anche al centro di numerosi tentativi di localizzazione e dispute legali. Nel 1982, una società di ricerche americana, la Sea Search, annunciò che aveva trovato il famoso galeone. E all’inizio anche la Colombia riconobbe i diritti della società Usa nella scoperta, ma poi iniziarono i litigi sull’eventuale spartizione del tesoro recuperato. La società non rivelò mai l’area dove si trovava il relitto e non venne mai organizzata una missione per tentare di riportare in superficie l’oro e l’argento custodito nel relitto. Dopo anni di battaglie legali, nel 2011 la Corte Suprema Usa stabilì che l’unico proprietario del galeone era lo Stato colombiano, mettendo fine alle speranze della Sea Search. In seguito, nel 2013, il Parlamento colombiano approvò una legge, si chiama «Per la protezione del patrimonio sommerso», nella quale stabilisce diritti totali di proprietà per tutto ciò che si trova all’interno delle sue acque territoriali. Ma non si possono escludere altri contenziosi giudiziari anche se fino ad ora da Madrid il governo spagnolo non ha ufficialmente rivendicata eventuali diritti su un tesoro da 5 miliardi di dollari. Soltanto El País, molto romanticamente, nell’articolo che riporta la notizia ha chiarito: «Pochi scherzi, quel tesoro è di Fermina Daza, Florentino glielo aveva promesso».