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 2015  dicembre 06 Domenica calendario

Intervista con Flavio Insinna, a cui manca un figlio. «Per fare i cretini bisogna avere cervello»

Tv, film e fiction. Il lavoro non manca, appena ti giri, c’è la sua faccia. Il suo parlare è un flusso di coscienza, fatto di ironia che affiora sempre, di riflessioni acute, citazioni non banali. L’impressione è che Flavio Insinna sia il primo a non prendersi sul serio.
Si è preso in carico pure «Boss in incognito» (su Rai2 dal 21 dicembre). Perché?
«Il lavoro purtroppo in Italia è un miraggio, quasi quanto il futuro, fa paura, non c’è. Mi piace l’idea di poter parlare di lavoro in un’accezione carica di speranza, con dirigenti e capitani d’industria che si pongono il problema se i loro dipendenti sono felici e lavorano bene».
Tutti i giorni conduce «Affari tuoi», il 6 gennaio farà anche lo Speciale Lotteria.
«A quel tavolo ogni sera si siede una storia: non un concorrente, ma una persona, è questo che permette al programma di autorigenerarsi. Il segreto è l’empatia, mi dicono che so attaccarmi umanamente ai concorrenti. L’ho imparato a teatro: se non ascolti l’altro che recita è finita. E nella vita pure. Quante volte soffriamo perché non abbiamo voluto ascoltare?».
Si impara l’empatia?
«Io sono innamorato dell’essere umano, lo guardo, lo studio, è un viaggio fantastico. È una dote che ho, sono stato fortunato. Certo, anche la sensibilità va affinata, devi difenderla, perché poi la vita fa una gara con te stesso, come diceva Céline, a levarti la voglia. La mia sfida è non farmi divorare dal meccanismo lavorativo, rimanere un entusiasta».
L’accusa: è un quiz che promette soldi facili, senza saper far niente.
«Non l’ho inventata io la crisi, la bolla finanziaria, la disoccupazione. Mentre aspettiamo che arrivi il settimo cavalleggeri – come nei migliori western di John Ford – rappresenta una piccolissima occasione, il coraggio per fare una cosa che magari non potevi fare per mancanza di soldi. A casa fai compagnia, in studio qualcuno va via felice, non abbiamo chissà quali pretese».
Ora torna a fare danni anche come attore. È nel cast del film di Pieraccioni, «Il professor Cenerentolo».
«Leonardo è stato una sorpresa umana. Ha sempre una gentilezza per tutti, lo capisci da come canta alle 7 di mattina nel camper del trucco».
È un prof sessantottino nel film tv «La classe degli asini», sugli insegnanti di sostegno.
«Le giuro che non l’ho mai fatto. Un amico mi aveva dato il copione: scoppio a piangere, tramortito, e dico alla mia manager di vedere se mi vogliono. Penso che la Rai abbia già trenta opzioni, fatto sta che non c’era tutta questa lista, e mi hanno chiamato».
La scelta azzeccata?
«“Affari tuoi” è stata la svolta, è stato l’ignoto, rimettersi per mare. Lì sei senza maschera, sei tu. Bisogna sempre studiare per migliorarsi: limare l’eccesso e colmare il difetto. Per fare i cretini bisogna avere cervello».
Il rimpianto?
«Non aver avuto figli... Certo ho 50 anni, si può fare, ma che faccio, corro al parco con il figlio e il badante?».
Ha pensato troppo al lavoro?
«Sicuramente c’è stato il lavoro, ma è stato 50 e 50: io non l’ho riconosciuta, lei non si è fatta riconoscere. I razzi luminosi in mezzo al mare non li ha sparati».
Come si controlla l’ego?
«Come quell’imperatore sempre seguito da un saggio: mentre lo acclamavano sui Fori Imperiali, quello gli sussurrava: “sei solo un uomo”. Pur non avendo la biga e pur non avendo chi me lo sussurra se ne esce solo così, ripetendoselo sempre».