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 2015  dicembre 06 Domenica calendario

I cinesi hanno chiesto a Stefano Boeri di progettare una città fatta tutta di foreste verticali

PECHINO Una Città Foresta per centomila abitanti, dove moltiplicare il Bosco Verticale di Milano. È il nuovo progetto al quale sta lavorando Stefano Boeri, il padre delle due torri cariche di alberi e piante, premiate come grattacielo più bello del mondo. L’architetto ha ricevuto la richiesta dal governo dello Hebei cinese e dalla municipalità di Shijiazhuang.
Il nome Shijiazhuang avrebbe un che di poetico: significa Villaggio della famiglia Shi. La poesia di questa città di tre milioni di abitanti finisce qui, perché le montagne che la sovrastano sono butterate da miniere di carbone e la pianura in cui l’hanno piazzata qualche decennio fa i pianificatori della Cina industriale è diventata un calderone fumante di acciaierie e centrali a carbone. Così l’ex villaggio Shijiazhuang, nello Hebei, ha un orribile primato: quello di capitale di provincia più inquinata della Repubblica popolare, di mostro che nel 2014 ha sputato e poi respirato per 264 giorni uno smog irrespirabile. È il «ground zero» urbano delle polveri ultrasottili Pm2,5; di quelle più spesse identificate come Pm10 e anche del biossido di zolfo e di quello d’azoto. Un tale inferno che l’anno scorso un suo abitante ha pensato di far causa alla municipalità, in un caso disperato ed eccezionale di sfida al potere cinese (lo hanno «convinto» che era meglio rinunciare).
«Un progetto come quello della Città Foresta a Shijiazhuang nasce proprio perché la situazione lì è estrema e ora c’è la volontà politica di intervenire», dice l’architetto Boeri, appena tornato da una ricognizione sul posto. L’area è già stata individuata in una zona industriale abbandonata. Boeri ha tracciato le linee di una città piccola per la Cina, 100 mila abitanti in un perimetro di 1,5 km per 1,5. «Avrà una forma a fiore con cinque quartieri come petali, e un centinaio di boschi verticali come palazzi residenziali, ma anche edifici più bassi per le altre strutture urbane, uffici, laboratori, musei, scuole, completamente avvolti, sulle superfici orizzontali e su quelle verticali, da milioni di foglie di piante, alberi, prati. Verde sia agricolo e produttivo sia naturale». Negli schizzi compaiono anche teleferiche per i trasporti. Quanto tempo prevede per i lavori? «In Cina i tempi possono essere rapidissimi, presentiamo il master plan entro dicembre, speriamo nel primo insediamento a fine 2016, e 5 anni per consegnare la città».
Una cittadina di dimensioni ridotte, proprio mentre il governo centrale sta lavorando a Jing-Jin-Ji, megalopoli da oltre 130 milioni di abitanti, costituita unendo con una cintura di autostrade e ferrovie Pechino, Tianjin e la provincia urbana dello Hebei. Jing indica Beijing; Jin Tianjin; e Ji Hebei. «Ma così nascono immense periferie prive di luoghi centrali e servizi collettivi, senza vivibilità» spiega Boeri. «Vogliono sperimentare questo nostro modello come alternativa a Jing-Jin-Ji che saldando tra loro i bordi delle metropoli sta creando conurbazioni infinite e ingovernabili». Quindi, i cento Boschi verticali che saranno piantati a Shijiazhung sono il seme per città di nuova generazione in un Paese come la Cina dove ogni anno 14 milioni di contadini emigrano verso aree urbane.
Nella visione dell’architetto italiano «questo prototipo di Città Foresta molto densa che riduce il consumo di suolo perché va in verticale, è totalmente cablata, attraversabile a piedi, ciclabile, con reti di trasporto sostenibili, capace di assorbire e usare energie rinnovabili, con una cintura agricola, darebbe un enorme contributo all’assorbimento di CO2, alla riduzione dei consumi energetici, del riscaldamento globale e all’aumento della biodiversità vegetale e faunistica». Domani Boeri è atteso a Parigi, alla conferenza sul clima, dove illustrerà il suo nuovo lavoro sulla «BioCittà». Intanto la Cina annuncia che entro il 2030 si doterà di 110 reattori nucleari, è questa l’unica soluzione? «No, credo che il nucleare sia necessario ma in un mix di nuove tecnologie come quelle a idrogeno». Boeri ha aperto uno studio a Shanghai perché «da un anno c’è una grande e nuova attenzione cinese per l’Italia, per la nostra creatività; si è costituita una situazione fertile, mi hanno chiesto di insegnare, di portare design, stile italiano: ripetono che piace alla moglie del presidente Xi e questo aiuta».