ItaliaOggi, 5 dicembre 2015
Gorbaciov condannato a risarcire 90 euro
Mentre Michail Gorbaciov era alle prese con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, Vladimir Zhirinosvkij fondò il partito liberal-democratico russo, seconda formazione politica ad essere ufficializzata nella storia della Russia sovietica.
Le due vecchie volpi della politica russa si sono riviste davanti a un tribunale di Mosca, perché Zhirinosvkij aveva accusato l’ultimo capo del Pcus di diffamazione.
Gorbaciov, infatti, nel suo libro Dopo il Cremlino, pubblicato lo scorso anno, aveva accusato il leader nazionalista di aver utilizzato nella campagna elettorale del 1993 (quando il suo partito sfiorò il 23% dei consensi) espressioni estremistiche. Nel libro, poi, come riporta l’agenzia Tass, l’ex presidente sovietico ricorda un incontro con gli elettori a Omsk, nel 1996, durante il quale era stato attaccato da alcune persone presenti tra il pubblico, un fatto definito «una provocazione per mano dell’Ldpr di Zhirinosvkij».
Zhirinosvkij aveva chiesto un risarcimento di un milione di rubli (13.500 euro), ma il tribunale si è espresso solamente sulla questione dei fatti di Omsk riconoscendo l’estraneità di Zhirinosvkij e del suo partito e ha assegnato al deputato del movimento populista solo 6.300 rubli (circa 90 euro) per i danni morali subiti dopo la pubblicazione del libro di Gorbaciov.
I giudici hanno anche ordinato al premio Nobel per la pace di rettificare le sue affermazioni su Zhirinosvkij, ma non hanno specificato dove dovrebbe pubblicare la rettifica, come ha spiegato all’agenzia Rbc il suo legale, Alexander Makarov. Così, ha lasciato intendere l’avvocato, potrebbe bastare la pubblicazione in un piccolo giornale locale per assolvere all’ordine del tribunale.
«È bene che il giudice ci abbia dato ragione», è il commento di Zhirinosvkij pubblicato sul sito del partito liberal-democratico. «Noi, mai per nessuna ragione abbiamo appoggiato qualsiasi azione violenta». La guida dell’Ldpr annuncia che farà appello per la seconda affermazione ritenuta diffamatoria. «È altrettanto infondata, sottolinea, non c’è alcuna prova che abbiamo espresso posizioni estremiste».