Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 05 Sabato calendario

Il Barcellona verso il miliardo di fatturato

Che ne sarà di noi? Torneremo mai al top d’Europa? La risposta è no. Anzi, il divario che separa i club italiani dai concorrenti internazionali è destinato ad aumentare. Questo non significa che non potremo sognare in grande. Il calcio è una palla che rotola: la Juve, e in precedenza l’Atletico Madrid e il Borussia, hanno dimostrato che si può arrivare in fondo al proibitivo sentiero della Champions senza essere i più ricchi. Però in termini di fatturato e, quindi, di capacità di spesa, le italiane resteranno delle outsider per molto tempo. Nei prossimi cinque anni si assisterà a un’ulteriore impennata delle squadre europee di prima fascia perché nell’industria dell’intrattenimento vige una legge spietata: pochi, selezionatissimi marchi hanno accesso ai mercati globali; più campioni hai, più vinci, più ti fai conoscere, più richieste ti arrivano dal mondo della pubblicità e dei media.
SOGNI BLAUGRANA Il Barcellona ha un piano clamoroso: raggiungere il miliardo di fatturato entro il 2021, come da promessa elettorale del presidente Bartomeu. L’anno scorso i catalani hanno registrato 566 milioni di ricavi al netto delle plusvalenze. Si tratterebbe di un incremento pazzesco ma a ben guardare quella promessa non è affatto campata in aria. Capitolo sponsorizzazioni. Il contratto con Qatar Airways scade a giugno e già si è ipotizzato un rinnovo a cifre raddoppiate (ora sono 32 milioni più bonus). Quello con Nike, valido fino al 2018, porta 33 milioni di sponsorship e 12 di royalty: tarando le pretese del Barcellona sul livello già raggiunto dal Manchester United con Adidas si potrebbe stimare un approdo a 100 milioni complessivi. Dal merchandising e dal licensing, gestito ora da Nike, arrivano 70 milioni, di cui 50 solo dal negozio dello stadio: si punterebbe al raddoppio. E poi c’è il Camp Nou da ristrutturare: nuova cittadella e capienza da 99mila a 105-110mila posti, inizio lavori nel 2017 e consegna nel 2021. I maggiori introiti, tra naming rights e miglioramenti dei servizi, potrebbero oscillare tra i 50 e i 100 milioni. Senza dimenticare la crescita organica delle altre sponsorizzazioni – basti pensare che la società blaugrana sta pianificando l’apertura di uffici a New York e Pechino, dopo Hong Kong – e, in misura minore, dei diritti tv. D’altronde, parliamo di més que un club : non in termini di romanticismo ma per il fatto che il Barcellona è una vera e propria impresa di spettacolo. Piccolo esempio. Arda Turan, acquistato in estate, inizierà a giocare a gennaio: i voli dalla Turchia sono già tutti prenotati.
LE ALTRE Il Barça, come gli altri top club che viaggiano attorno al mezzo miliardo di fatturato, ha già in testa dove andare a pescare altri 300 milioni per il prossimo quinquennio: bel lavoro per il neo direttore commerciale Francesco Calvo. Prendete il Manchester United. Le previsioni di bilancio per la stagione in corso, col ritorno in Champions e l’avvio del contratto con Adidas (1 miliardo di euro in 10 anni), indicano circa 700 milioni di fatturato (dai 519 del 2014-15). Dal prossimo anno, poi, i Red Devils, come le altre inglesi, beneficeranno dell’impennata dei diritti tv della Premier (+70% solo per il mercato domestico!). In più il City, grazie alla partnership stretta col consorzio guidato da China Media Capital, che ha rilevato il 13% del gruppo, ambisce a penetrare pesantemente in Asia. I margini di crescita sono notevoli, considerando che in Cina il City cattura solo il 5% dei tifosi di Premier contro il 32% dello United e il 23% di Arsenal e Chelsea, secondo una ricerca di Yutang Sports. E lo sceicco Mansour pensa di acquistare un club cinese per aggiungerlo alla multinazionale che coinvolge già Manchester, New York, Yokohama e Melbourne.
ITALIA AL RALLENTY La crescita è il mantra di tutti. C’è chi progetta di rifarsi lo stadio, come il Real Madrid e il Chelsea. C’è chi ambisce a quadruplicare i proventi televisivi, come il Bayern Monaco, al quale attualmente la Bundesliga gira poco più di 50 milioni, la metà delle capolista inglesi e italiane, un terzo delle spagnole. Pure le italiane puntano a crescere ma i margini sono ristretti. In teoria dovrebbero essere ampi, visto che il calcio italiano è reduce da un periodo di profonda crisi e gli impianti sono inadeguati ai tempi. Ma il sistema, in tutti questi anni, non ha funzionato e non pare proprio esserci la volontà di svoltare. Felici di sbagliarci, il rischio però è che il gap cresca ancora. Attualmente i fatturati delle prime quattro d’Europa viaggiano tra i 474 milioni (Bayern) e i 578 (Real), quelli delle prime quattro d’Italia tra i 181 (Inter) e i 328 (Juventus). Dove possono arrivare le nostre?
PROSPETTIVE La Juve, che è quella messa meglio, in questa stagione dovrebbe raggiungere i 350 milioni grazie al nuovo ciclo di contratti. Il rapporto con Adidas sta funzionando bene, le vendite dei prodotti in gestione diretta viaggiano a +30-40%, entro due anni entrerà in funzione la cittadella alla Continassa che regalerà ricavi extra. Insomma, in 5 stagioni la Juve potrebbe spingersi anche a 400 milioni (a patto di restare in Champions) ma le sue ambizioni si infrangono nei limiti strutturali del calcio italiano, che all’estero ha una visibilità bassa, e del tessuto economico del Paese. Considerate gli sponsor di maglia: nessuna italiana tocca quota 20 milioni (17 Milan e Juve, 13 Inter), il Manchester United primatista (62) è lontano anni luce. L’Inter, nel processo di ristrutturazione del debito, ha presentato alle banche un business plan che prevede nel 2020-21 un fatturato da 280 milioni: 30 milioni dallo stadio, addirittura 110 dal commerciale (oltre il doppio di adesso), 90 dai diritti tv, 10 da proventi Europa League e 40 dal resto. I 280-300 milioni nerazzurri sono possibili ma con introiti e vetrina da Champions. Il Milan è la società italiana che negli ultimi venti anni ha lavorato meglio nel marketing, ma senza le coppe il suo appeal si è appannato. I progetti rossoneri non sono chiari, di sicuro lo stadio di proprietà è stato accantonato. Un’incertezza sul futuro che riflette le difficoltà di tutto il sistema italiano nell’affrontare le sfide della globalizzazione.