Il Sole 24 Ore, 5 dicembre 2015
L’Ilva finisce sul mercato per decreto
Il governo mette l’Ilva ufficialmente sul mercato. Dopo le trattative informali di un anno fa con gli indiani di Arcelor-Mittal (in cordata con Marcegaglia) e Jindal e dopo aver scartato l’ipotesi di un intervento di Cassa depositi e prestiti con Arvedi come partner industriale, ieri il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che prevede la cessione dell’Ilva entro giugno prossimo. Un tentativo estremo di dare stabilità e prospettiva industriale alla più grande azienda italiana dell’acciaio, ma anche un colpo di coda per far uscire il gruppo da una crisi finanziaria e di liquidità che appare senza prospettive. Dopo il no del Tribunale di Bellinzona, infatti, non tornerà nelle casse dell’azienda dalla Svizzera il miliardo e 200 milioni di euro sequestrato ai Riva che sarebbe dovuto servire ai lavori ambientali nello stabilimento siderurgico di Taranto e a garantire le banche chiamate e erogare gli 800 milioni stanziati nella legge di stabilità.
I tempi del passaggio dell’impresa sono contenuti nell’arco del prossimo semestre. Il decreto prevede infatti che le procedure di trasferimento a terzi siano completate entro il 30 giugno prossimo. Il trasferimento, dispone il provvedimento, dovrà assicurare la discontinuità, anche economica, della gestione da parte del soggetto aggiudicatario. Che sarà scelto «attraverso una procedura di evidenza pubblica», spiega il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, tenendo conto sia della proposta industriale che di quella ambientale. Non è escluso, anzi è una delle ipotesi informali più accreditate, che si possa procedere a una vendita separata degli asset (Taranto, Genova e Novi Ligure), a una vendita parziale o una locazione di uno o più stabilimenti.
Per governare questa fase di transizione tra gestione dell’azienda e lavori di risanamento ambientale, vengono stanziati 300 milioni a favore dell’amministrazione straordinaria dell’Ilva (i commissari avevano fatto presente al Governo di avere di nuovo problemi di cassa). Ma chi rileverà l’Ilva «dovrà rimborsare allo Stato l’importo erogato e non ancora restituito, maggiorato degli interessi». Un prestito ponte, quindi, per evitare che la Ue apra una contestazione per aiuti di Stato.
Cambia anche la tempistica di attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale. L’Ilva avrebbe dovuto attuare il cento per cento delle prescrizioni entro il 6 ad agosto 2016. Adesso il termine è spostato a fine dicembre 2016 e il piano delle misure ambientali e sanitarie potrà essere rivisto «in relazione al piano industriale che sarà presentato dal soggetto aggiudicatario dei complessi aziendali Ilva», dunque il soggetto aggiudicatario dell’Ilva avrà facoltà di cambiare l’Aia.
«La parte ambientale – commenta il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – resta un elemento determinante del salvataggio dell’Ilva. La posticipazione del termine è proprio dovuta al fatto che il piano industriale che presenterà l’aggiudicatario potrà comportare modifiche al piano ambientale». L’Ilva, intanto, annuncia Galletti, ha rispettato l’80% delle prescrizioni ambientali entro il termine previsto, cioè fine luglio scorso. Il ministro fa riferimento alla relazione consegnata dall’Ispra e sottolinea che «a tutt’oggi l’Ilva rispetta tutte le Bat e tutti i limiti di emissione europei».
L’incognita principale è, però, che il 20% delle prescrizioni ambientali che restano da attuare sono le più costose e impegnative tecnicamente. Dunque i 300 milioni stanziati potrebbero non essere sufficienti. Per questo l’approvazione del decreto non fa venir meno la correzione, attraverso un emendamento del governo, dell’articolo relativo all’Ilva della legge di Stabilità. È infatti previsto che lo Stato dia garanzia per gli ulteriori 800 milioni di prestito (dopo i primi 400 accordati a marzo con la legge 20) che l’Ilva può chiedere alle banche per l’avanzamento dei lavori Aia a Taranto. Solo che questa garanzia viene assicurata considerando il prestito da 800 milioni un’anticipazione in attesa del rientro dalla Svizzera del miliardo e 200 milioni sequestrato ai Riva. Adesso, dopo che il Tribunale di Bellinzona ha stabilito che queste risorse restano in Svizzera (in quanto i Riva, in merito all’ipotesi di reato formulata dalla Procura di Milano, non sono stati nemmeno rinviati a giudizio), il collegamento tra garanzia statale, rientro del miliardo e 200 milioni ed emissione delle obbligazioni da parte dell’Ilva per finanziare il risanamento, viene meno. E quindi l’articolo Ilva deve essere riscritto.
«Decreto ed emendamento nella legge di Stabilità sono percorsi paralleli» spiegano fonti di Palazzo Chigi. «Abbiamo disposto la data del 30 giugno come data ultima per la scelta di un soggetto privato aggiudicatario per arrivare ad una cessione degli asset del gruppo Ilva e dare un’accelerazione rispetto ad una soluzione di rilancio industriale del gruppo», ha detto il ministro Guidi.
Sul fronte sindacale la Fim Cisl è favorevole al decreto, mentre la Fiom Cgil è contraria.