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 2015  dicembre 05 Sabato calendario

L’Opec è morta, viva l’Opec?

L’Opec è morta, viva l’Opec? Non tutti festeggiano il nuovo corso dell’Organizzazione, che ha abdicato dal suo ruolo tradizionale di ago della bilancia per il mercato del petrolio. Quando il prezzo del barile volava oltre 100 dollari non era certo un bene, né per le tasche dei consumatori né per l’economia globale. Anche gli attuali 40 dollari – che presto rischiano di diventare 30 e chissà forse anche 20 dollari – non sono tuttavia uno sviluppo positivo. Forse non lo sono neppure per i singoli cittadini, che oggi pagano bollette e pieni di carburante un po’ meno pesanti, ma domani rischiano di scontare gli effetti del mini-greggio sulle sorti del mondo. Che potrebbero non esaurirsi in un trasferimento di ricchezza dai Paesi che esportano petrolio a quelli che (come l’Italia) lo importano. La deflazione è già uno spettro con cui le banche centrali stanno confrontandosi. Poi c’è quello, ancora più temibile, di un aggravarsi della crisi nei Paesi emergenti, che potrebbe produrre effetti a catena. Il crollo del petrolio ha già avuto un impatto drammatico sugli investimenti in conto capitale: si stima che siano stati cancellati progetti per almeno 220 miliardi di dollari e ci saranno senz’altro ulteriori taglio se il barile resta sotto 40 dollari, un livello di prezzo insostenibile non solo per i bilanci statali di molti Paesi Opec (di qui le spaccature profonde all’interno del gruppo), ma nemmeno per le compagnie petrolifere occidentali, che hanno già tagliato i costi con l’accetta – anche licenziando centinaia di migliaia di dipendenti – ma che tuttora hanno bisogno almeno di 60-65 dollari al barile per difendere la redditività e i flussi di cassa senza doversi ulteriormente indebitare. E questo se parliamo di major. Perché i piccoli produttori, come quelli di shale oil, sono già da tempo tenuti artificialmente in vita dalle continue trasfusioni di denaro di banche e fondi di private equity. Un tempo a fare il lavoro sporco di riequilibrare il mercato ci pensava l’Opec, ora dovrà farlo qualcun altro. E non sarà indolore.