Corriere della Sera, 5 dicembre 2015
La Juventus è tornata. Con la Lazio la quinta vittoria consecutiva
Sono sempre Paulo lo stesso. La Juve vola nel segno di Dybala, il nuovo Tevez, l’uomo della rimonta. La quinta vittoria consecutiva, che vale l’aggancio alla Roma quarta, è nel segno della giovane stella argentina, 22 anni appena compiuti: suo il tiro violento che provoca l’autorete di Gentiletti dopo appena sette minuti, sua soprattutto la prodezza che vale il raddoppio: controllo, palleggio, sinistro al volo da fuori area nell’angolino alla sinistra di Marchetti. Tutto bellissimo. Il campione c’è e i 40 milioni spesi sono un investimento con i fiocchi.
La Lazio è annichilita, Lotito nell’intervallo scuote la testa, i tifosi contestano, Pioli rischia il posto e già si fanno i nomi dei possibili sostituti: Guidolin, Prandelli, Brocchi con Lippi (in tribuna). Ma alla Juve, dei guai biancocelesti frega poco o niente. Allegri si gode gli effetti della rimonta: il Napoli capolista seppure con una partita in meno è lontano solo 4 punti. Lo scudetto, con un Dybala così, non è più un’utopia.
Dalla sconfitta buia di Reggio Emilia contro il Sassuolo è uscita un’altra Juve, determinata e convinta. Una squadra che in meno di 40 giorni ha ritrovato equilibrio, forza e dignità. Anche il talento. Si diceva che senza le geometrie di Pirlo, gli inserimenti di Vidal e soprattutto la forza di Carlitos Tevez non sarebbe stato facile ripetersi. La Juve ci sta provando. Dybala non è sgamato come il suo formidabile connazionale, ma sta lasciando il segno: 7 gol e tre assist, più il tiro che provoca l’autorete di Gentiletti. Paulo ha messo lo zampino in 11 delle 22 reti della Signora. Dategli tempo e vi stupirà. Già così è tanta roba. Allegri ha molti motivi per sorridere: dentro il 3-5-2 di contiana memoria, ha trovato l’abito adatto alla Juve. Dybala e Mandzukic in attacco sono una coppia perfetta. Super Mario, in gol nelle ultime due partite (Manchester City e Palermo), stavolta serve al compagno l’assist del 2-0 e gioca per la squadra. La difesa è tornata di ferro, imbattuta da tre partite e 454 minuti; gli esterni funzionano (Alex Sandro fornisce il cross nell’azione che sblocca il risultato) e con il ritorno di Marchisio, recuperato da un infortunio con tanto di ricaduta, il centrocampo ha ripreso a funzionare. L’obiettivo adesso è conquistare 6 punti tra Fiorentina (allo Stadium) e Carpi prima di Natale e vedere a che punto è la concorrenza. La Juve oggi non si pone limiti: con il gioco ha ritrovato la voglia di tentare una rimonta difficile, ma affascinante.
La partita non ha storia. La Lazio, un punto in sei partite, è tesa, nervosa, rattrappita. Colpita a freddo, non riesce mai a riprendere il controllo della partita.
Pioli, che da allenatore non ha mai battuto né la Juve né Allegri, non va neppure vicino a sfatare i suoi tabù. I biancocelesti non mordono, non graffiano, non cambiano mai passo, arresa. Un po’ meglio nella ripresa con Felipe Anderson e Keita al posto di Candreva e Kishna, giusto per salvare l’orgoglio. Alla fine dentro l’Olimpico semi vuoto si sentono solo i 10 imila juventini che cantano «i campioni dell’Italia siamo noi». E la regina non ha nessuna intenzione di abdicare.