Corriere della Sera, 5 dicembre 2015
La Giovanna D’Arco di Verdi piace ai ragazzi. Ecco le reazioni all’anteprima under 30 alla Scala
Piace per il suo coraggio, il suo credere fino in fondo a un ideale. A qualcuno piace santa, a qualcun altro peccatrice. Piacciono le sue visioni celesti, ma ancor più i diavolacci rossi che scendono a tentarla. Piace soprattutto perché Giovanna è una «Under 30» come loro, una ragazza piena di sogni, di fantasie, di follie. Persino innamorata di un principe azzurro a cui però dovrà rinunciare. «Un vero peccato» commentano alcune fanciulle speranzose in un happy end. Niente da fare, Giovanna stavolta scampa il rogo e neppure cade in battaglia, come vorrebbe il libretto, ma morirà comunque, di consunzione, nel suo letto.
«Primina» affollata quella di Giovanna d’Arco diretta ieri sera da Riccardo Chailly, felice prodromo dell’inaugurazione del 7 dicembre. Assente dalla Scala da 150 anni, l’opera verdiana suscita tra i giovani spettatori entusiasmi e dibattiti per la sua inattesa modernità. «Giovanna somiglia a una ragazza di oggi – sostiene Michela, 19 anni —. Forte, intrepida, capace di battersi per le sue idee».
Un modello da seguire? «Non del tutto – aggiunge l’amica al fianco —. Lei impugna la spada in nome di una fede estrema, e questo per noi suona davvero sinistro. La ammiro, ma davanti alla violenza sarebbe giusto fare un passo indietro». Un po’ scandalizzato si dice Giovanni Battista, seminarista 18enne. L’interpretazione dei registi Moshe Leiser e Patrice Caurier che presentano Giovanna come una nevrotica in preda a turbe erotiche e allucinazioni, non lo convince. «Ne hanno fatto una pazza, mentre lei era una martire. Il sentire le voci, il parlare con entità celesti fa parte della santità. Così hanno svilito il suo personaggio».
Perplesso all’inizio, entusiasta alla fine si dichiara Gianluca, 20 anni. «Ci ho messo un po’ a entrare nella storia. Non capivo perché la Pulzella fosse finita in una stanza ottocentesca. Poi mi sono reso conto che si trattava di una trasposizione nell’epoca di Verdi. Dove Giovanna si trasforma in eroina dell’indipendenza, pronta a battersi per la sua patria».
Qualche confusione corre sulle date. Qualcuno pensa che la Pulzella sia vissuta nel 1200, altri sono convinti che sia salita al rogo a trent’anni… Il libretto certo non aiuta a chiarire le idee, tanto meno la regia.
«Più di tutto mi è piaciuta la musica, davvero coinvolgente – interviene Giacomo, prima liceo scientifico, che frequenta la Scala dall’età di 10 anni —. Ma anche l’allestimento è suggestivo, l’allusione ai rischi del fanatismo religioso è molto attuale. Affascinante e pericolosa, Giovanna è un’arma a doppio taglio».
Alla fine grandi applausi. Per Chailly, i registi, gli interpreti, Anna Netrebko Giovanna, Francesco Meli Carlo VII, Carlos Alvarez il padre della Pulzella. Quest’ultimo, sofferente per una bronchite, si è limitato a stare in scena mimando i gesti mentre a cantare al suo posto, in proscenio, è arrivato il baritono Devid Cecconi. Che l’aveva già degnamente sostituito alla «generale» dell’altra sera. Una soluzione di ripiego nella speranza che il titolare possa riprendersi per Sant’Ambrogio. Quando, nella Scala decorata con ghirlande di gigli, emblema dello stendardo della Pulzella, arriveranno non solo politici ma soprattutto artisti. In testa Patti Smith, grande fan della liberatrice di Orléans.