Corriere della Sera, 5 dicembre 2015
Ritratto di Tashfeen, la moglie che si è offerta al Califfo
Non c’è nulla di più perfetto di una cellula familiare. Per comunicare non devono usare il telefono, vivono nella stessa casa, si sostengono a vicenda. Nel massacro di San Bernardino il ruolo importante l’ho avuto lei, Tashfeen Malik. Una donna con una doppia fedeltà. Moglie del killer, Syed, e sposa virtuale del Califfo al quale ha giurato sottomissione su Facebook, passo per portare l’attacco in dote all’Isis seguito da una rivendicazione non formale da parte di propagandisti Isis. Tutto però da verificare. Il post della donna da solo non basta, anche se rivela un’aspirazione. Quanto all’assunzione di responsabilità è generica, parla di «sostenitori», quasi a indicare un’operazione ispirata e non diretta dal movimento.
Il filo della strage riporta al 16 agosto del 2014 quando Syed sposa Tashfeen, pachistana, farmacista mancata, conosciuta prima online e in seguito con due viaggi in Arabia Saudita. Vivono in California, la ragazza ottiene la carta verde, primo passo verso la cittadinanza. Ma forse già pensa ad altro, quel pezzo di carta sognato da milioni può trasformarsi in una copertura.
Un collega di Syed accusa: «Era lei la terrorista», sostenendo che sarebbe stata Tasfheen a spingere il marito su posizioni estreme. Infatti è dopo le nozze che l’uomo si radicalizza, forse la ragazza, 28 anni, lo «carica» Syed. La donna è molto osservante, gira anche in casa con il volto coperto, i fratelli del marito non vedono mai il suo volto. Ma c’è anche un altro velo: l’apparente normalità della loro esistenza, turbata solo da qualche screzio di Syed sul lavoro dove, talvolta, è preso di mira. Da qui la teoria dei legali su questioni personali come movente.
Intanto nella villetta la cellula cresce, non in grandezza, bensì in determinazione. Stanno «bassi», come predicano le istruzioni jihadiste, quegli stessi manuali che invitano a sfruttare la passione americana per le armi: è facile procurarsele. Syed prepara l’arsenale, mette insieme una dozzina di ordigni rudimentali, copia di quelli spiegati con foto e formule su Inspire. La rivista online dei qaedisti yemeniti dedica un articolo dal titolo «Come costruire una bomba nella cucina di tua madre». In parallelo la coppia vive nella trincea digitale, è possibile che frequenti (con cautela) siti estremisti, alimenti le proprie convinzioni senza che l’antiterrorismo se ne accorga. Solo adesso emergono contatti – vaghi – con un militante somalo e uno di al Nusra, fazione siriana nell’orbita di Al Qaeda. Dal Pakistan sostengono che Tashfeen aveva link con la Moschea Rossa, nota per le posizioni oltranziste. E c’è chi perfino suggerisce che abbia agito come amo pescando un marito americano per poi trasformarlo in un killer. L’Fbi, che pure esclude l’esistenza di un network ampio, cerca di capire se vi sia qualcuno che abbia fatto da faro. Syed ha cercato di nascondere le tracce digitali rimuovendo la memoria del pc e distrutto due telefonini. Non lo fai se non temi di svelare qualcosa. Di concreto c’è il post dove la donna, usando uno pseudonimo, ha accettato l’autorità di Al Baghdadi. Lo fa alle 11 di martedì, nel mezzo dell’attentato quando è già scattato il primo allarme.
Gli investigatori dovranno scoprire se è stata una scelta improvvisata, magari senza alcun rapporto reale, o invece la mossa per evitare di essere individuata. La micro-cellula è rimasta al coperto fino all’ultimo. Syed con i colleghi alla festa di Natale. Tashfeen a casa tra pannolini e vestitini per la figlioletta. Sono riemersi mezz’ora dopo per concludere la missione. E quando è venuto il momento ha dimostrato la sua personalità. Ha smesso di essere madre ed è andata a distribuire morte.